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Legami in solitudine

“La cosa più attrattiva di questo mondo è che riesce a rendere molto più facili dei compiti e dei problemi che sono difficili da risolvere nel mondo offline. Cioè online è più facile risolvere certi problemi. Perché, secondo me, e non smetterò mai di ripeterlo, Mark Zuckerberg ha guadagnato i suoi cinquanta miliardi di dollari perché ha capitalizzato quello che è il nostro desiderio di evitare il disagio della vita”. Queste, le parole del noto sociologo polacco Zygmunt Bauman, il quale durante un’intervista per “Oggiscienza” esprime tutto il suo disappunto per l’utilizzo che i moderni iperconessi stanno facendo delle nuove tecnologie. Un mondo che sta letteralmente interrompendo la vita offline degli individui, un mondo che sta completamente allontanando le persone dalla vita quotidiana, dalla bellezza del coltivare un rapporto face to face. Uno dei motivi principali per cui ciò sta avvenendo è la paura sempre più insita nell’uomo di “essere solo”, questa che può apparire una normale condizione dell’individuo oggi sembra essere la sua più grande paura. Il grande schermo nero, quello di cui tutti sembravano avere paura sta oggi sostituendo l’uomo, le sue emozioni, i suoi occhi, la sua reale vita, stiamo cadendo nella voragine della sola vita social, quella che molte volte è lontana dalla vita che nella realtà viviamo, mostriamo il nostro sé più dinamico, ricco, bello, elegante sullo schermo e nascondiamo la tristezza, la paura e lo sconforto ovvero, decomprimiamo per così dire le nostre reali emozioni (Bauman, 2014).

Il Global Digital Report del 2019 ha mostrato come la media mondiale degli utenti che utilizzano i social è di circa 6 ore e 4 minuti, tempo che viene utilizzato per postare foto, commentare stadi e ricercare persone sul web. La grande novità che questi social come Facebook, Instagram, Twitter, hanno portato non deve essere sottovalutata, bensì, come affermano molti studiosi nel campo della comunicazione, deve essere punto focale degli studi, l’uomo sta perdendo il senso del “diverso” del “confronto”, tramite il web si può non solo avere la certezza di trovare in qualsiasi momento qualcuno online ma soprattutto si può scegliere con chi parlare, per quanto tempo e di che cosa, e se nella realtà di una conversazione non si può scappare dal diverso o da chi ci mostra una realtà da un altro punto di vista, sul web questo può essere fatto, di fatti rappresenta una grande certezza per gli individui che decidono di chattare poiché sanno che basterebbe un solo click per bloccare, eliminare ed evitare un utente, evitando così di conseguenza il confronto. Questa che sembra un “normale” atteggiamento in realtà rappresenta un importante campanello d’allarme, le persone vivono grazie al confronto, l’uomo, per dirla con le parole di Aristotele, è un animale sociale che vive d’interazione, che crea e modifica i propri schemi mentali sulla base del confronto, del colloquio e dello scontro, evitare questo tipo di contatto fa sì che l’individuo cresca e maturi l’idea che nel mondo esiste una sola direzione: ovvero la propria.

 

Identità personale vs identità social: la paura di essere imperfetti

Molto più spesso si creano realtà parallele, realtà in cui la propria identità personale viene scacciata da quella social. L’individuo se da un lato cerca di mantenere la propria identità, dall’altro non riesce a fare a meno di subire l’influenza esterna, motivo per il quale si trova sempre in continuo conflitto con il “bisogno di uguaglianza e quello d’individualità. Il peso di questo conflitto aumenta in maniera sproporzionale se si tratta di social network, qui sempre più spesso di sente la necessità di seguire modelli ideali di persone per essere “alla moda”, difatti esiste la possibilità di “seguire” un personaggio, che nella maggior parte delle volte è molto popolare” e cercare di copiare la sua vista con la speranza di diventare come quest’ultimo (si pensi alla famose Fashion Blogger).

Bauman a tal proposito, nella medesima intervista, afferma: “La possibilità di essere sempre presenti e di farsi vedere a livello pubblico conferma la propria presenza nel mondo. Il secondo vantaggio offerto dal mondo online è la possibilità di diventare personaggi pubblici senza bisogno di mediazione. Non è più necessario entrare a far parte di un programma televisivo o che si riunisca la redazione di un’importante rivista patinata e scelga di metterci in copertina. No, adesso si può fare tutto da soli. Si può diventare un personaggio pubblico semplicemente premendo un tasto. O basta mandare un tweet. Se si manda un tweet, improvvisamente si raggiungono mille, duemila persone. Da una parte si diventa pubblici, nel senso che si raggiungono tutte queste persone, dall’altra potresti avere dei seguaci. Se qualcuno mette “like” (mi piace) al tuo tweet non sei più solo una persona pubblica, hai anche dei followers e quindi vuol dire che tu vali qualcosa, che tu hai veramente un significato come persona. Questa potrebbe essere un’illusione che però è molto confortante. Grazie all’online la paura dell’emarginazione, del non valere nulla dell’esser escluso completamente dall’accesso alle cose che contano, non esiste più”. Da queste parole così dure si può certamente cogliere una sorta di atelofobia, ovvero la paura di essere imperfetti, insita nell’uomo, ci affidiamo ai social poiché ci permettono di mostrare che ciò che in realtà vorremmo essere.

 

 

Scritto da Ilenia Iannucci, Dott.ssa in Scienze Pedagogiche, studiosa nell’ambito della psicologia dello sviluppo e nella ricerca in età evolutiva.

 

 

Riferimenti bibliografici

Zygmunt Bauman, La vita tra reale e virtuale: a tu per tu con la cultura digitale.[a cura di Maria Grazia Mattei] Ed. Egea, 2014.

Adriano Purgato, Fobie: le nuove ossessioni del XXI secolo. Ed: Alberto Castelvecchi, 2016, pp. 120-121.