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Cosa è la gelosia

La gelosia è un sentimento legato agli affetti, caratteristico dell’essere umano e da non confondere con l’invidia. Cantata soventemente nella lirica, protagonista di miti e predominante in letteratura è un sentimento antico che può diventare patologico e doloroso. Definita da Shakespeare “Un mostro dagli occhi verdi” o “la sindrome di Otello”, poiché quando diventa morbosa fa perdere il controllo, la razionalità e la lucidità.  La gelosia è un sentimento che deriva dal timore di perdere qualcosa o qualcuno a cui teniamo e che amiamo, la paura che possa preferire un altro e di rimanere soli. La gelosia porta a vacillare, rende insicuri, ansiosi e tormentati, quando diventa ossessione interferisce sulle attività, sulla vita dell’individuo e si ripercuote in tutte le sfere esistenziali sia di chi la agisce che di chi la subisce, ossia la vittima.

Quando pensiamo alla gelosia ci viene subito in mente il rapporto di coppia ma la gelosia non è solamente legata alla relazione amorosa, è presente anche nei rapporti amicali e parentali, nelle competizioni sociali, nei confronti di oggetti o status sociali. Naturalmente si manifesta con modalità e reazioni diverse, tuttavia la forma più discussa rimane la gelosia vissuta nelle relazioni amorose, definita “romantica” anche se le statistiche mostrano una situazione diversa. Dati ISTAT (2016-2017) riportano almeno 150 casi annuali di femminicidio, un massacro in costante aumento. Dati allarmanti se pensiamo che i casi sono in crescita così come le denunce per stalking e minacce.

 

Amare non significa possedere

“sono geloso perché ti amo, perché voglio tu sia mia e di nessun altro”  Può accadere di sentire pronunciare questa frase e apparentemente sentirsi gratificati, rassicurati, ma dietro una frase di questo tipo si nasconde il bisogno di possesso, un intrinseco obbligo alla sudditanza che può diventare pericoloso e sfociare in gesti estremi. Nessuno appartiene all’altro. Qualsiasi relazione deve essere vissuta in libertà, nel rispetto e nella reciprocità. E’ essenziale distinguere la preoccupazione per l’altro dalla gelosia: “ mi preoccupo per te perché ti voglio bene, ti telefono non per sapere dove sei ma per assicurarmi che tu stia bene”, le dimostrazioni di affetto sono ben diverse da quelle in cui trasuda controllo, autorità e ossessione.

I campanelli d’allarme che possono far pensare ad un amore malsano sono molti, ad esempio il controllo delle telefonate e dei messaggi ricevuti ed inviati, dell’abbigliamento, il monitoraggio degli spostamenti e poi le sensazioni che la vittima prova sono fondamentali sintomi che qualcosa non va. La sensazione di soffocamento dalla presenza e dagli atteggiamenti del proprio partner, le mortificazioni verbali, fino ad arrivare ai maltrattamenti fisici, le violenze troppo spesso giustificate e sottovalutate dalle vittime.

 

Quando la gelosia diventa un pericolo

Spesso chiari segnali di allarme vengono sottovalutati o ignorati, le motivazioni per le quali spesso le persone tendono a far finta di non vedere situazioni di pericolo sono le più svariate, paura di peggiorare la situazione in caso di ribellione o allontanamento, timore di rimanere soli,  perché dipendono economicamente dal partner, vergogna nel raccontare ciò che sta accadendo, l’illusione che le cose miglioreranno, che limitandosi a vivere la propria vita e rinunciare alle  proprie scelte il partner troverà serenità e placherà la smania di controllo, ma non è così, quando si tratta di patologia ogni comportamento è vissuto come una minaccia. Nulla può sanare il bisogno di controllo e la situazione non potrà che andare inevitabilmente verso un’escalation.

Tuttavia, nonostante le conoscenze in materia la tendenza ancora oggi rimane quella di nascondere dietro le mura domestiche ciò che accade, alimentando il disagio, la solitudine e la sensazione d’impotenza verso una situazione che sembra non avere una soluzione. Fortunatamente esistono centri di ascolto e antiviolenza in cui chiedere aiuto e trovare accoglienza,  comprensione, protezione, una mano tesa verso un dolore e una sofferenza silenziosa che dovrebbe essere urlata.

 

Gelosia e attaccamento insicuro secondo Bowlby

Insicurezza, rabbia, delusione, traumi passati, attaccamento insicuro, abbandono, scarsa autostima sono tra i precursori della gelosia patologica. Clerambault, psichiatra francese dei primi del ‘900 considerava la gelosia patologica in presenza di incoercibilità, ossia quando l’idea di un tradimento è considerata dal soggetto infondata, tuttavia non riesce ad eliminarla dalla testa nonostante conosca la realtà dei fatti. La gelosia interferisce negativamente nel benessere relazionale e sessuale della coppia. Le accuse, l’aggressività, l’eccesso di controllo che scaturisce la gelosia minano il rapporto, la sintonia e il desiderio. Attraverso un percorso di psicoterapia che possa accrescere l’autostima è possibile ritrovare equilibrio e fiducia in sé stessi.

Un’ indagine sulle origini delle proprie insicurezze e fragilità che spesso sono legate all’infanzia e al rapporto genitoriale può aiutare a comprendere le cause di tali comportamenti. A questo proposito Bowlby individua nei legami infantili insicuri una crescita e uno sviluppo del soggetto spesso problematico a livello sociale e relazionale. In queste persone non è stata appresa totalmente la capacità di separarsi da un oggetto o da un’altra persona ritenuta insostituibile e punto di riferimento. Bowlby nel 1988 definisce la gelosia come una risposta emotiva legata  al pericolo di perdita, che crea angoscia, rabbia, aggressività, reazioni che hanno il fine di proteggere la relazione stessa. Naturalmente affinché si possano ottenere dei risultati benefici per sé stessi e per gli altri è essenziale mettersi in discussione al fine di potersi liberare da questo sentimento, quando patologico, poiché non è indice di amore.

Scritto da Lucia Del Pace, Scienze dell’Educazione e della Formazione, Università di Siena. Ha partecipato a programmi educativi presso la casa circondariale di Arezzo e ha esperienza nell’ambito delle tossicodipendenze.

Riferimenti bibliografici

Rif. www.rivistadipsichiatria.it; 2002,37,6