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Chiudersi in una stanza e sfogarsi liberamente

È arrivata anche in Italia la “Stanza della Rabbia”. Prende ispirazione dalla “Rage Room” statunitense, dove sembra che questa forma di sfogo della rabbia stia riscuotendo molto successo. Gli americani, a loro volta, hanno importato il “gioco” dal Giappone, come si può apprendere nell’articolo on line “Scarica la rabbia e spacca tutto”. La prima stanza, dove poter distruggere tutto, nasce a Tokyo nel 2008. Inizialmente era dedicata agli imprenditori, investiti dalla grande crisi economica scoppiata proprio in quel periodo. Anche nella nostra amata Penisola si avverte l’esigenza di sfogare, con una forma di violenza controllata, emozioni come rabbia e frustrazione, brandendo un piede di porco. Se ne torna a parlare, oggi poiché è stata allestita una “Rage Room” in Lombardia, più precisamente nel Comune di Legnano. Ma in realtà l’esperimento era stato già realizzato a Forlì, in Emilia Romagna, nel 2013.

Nell’articolo “La camera della rabbia vuol diventare franchising”, si legge che il romagnolo Cristian Castagnoli è stato il primo a portare in Italia, e forse in Europa, questa idea. Ora la stanza della rabbia a Forlì a chiuso, ma non a causa di un insuccesso, tutt’altro. Castagnoli ha registrato un marchio e vuole avviare una catena in franchising , di centri che lui ha ribattezzato “Sfogatoi”. Parlando della prima stanza nata a Forlì, Castagnoli ha dichiarato che nel primo anno l’iniziativa era passata un po’ in sordina. Dopo, la notizia ha preso piede prima in città e in seguito nella provincia, così tanto che era arrivato ad avere una media di venticinque persone al giorno. Le chiamate, infine, hanno cominciato a pervenire da tutta Italia. Per questo motivo il novello imprenditore ha deciso di espandersi, offrendo un pacchetto ben preciso e con i giusti parametri di sicurezza.

Devastare tutto in quindici minuti

Si hanno a disposizione quindici minuti, e con trentacinque euro si può distruggere tutto quello che c’è all’interno della stanza. Gli oggetti vanno da piatti e bicchieri ai televisori, dai vasi alle stampanti, dai quadri ai lettori dvd. Tutto materiale che i gestori recuperano nei mercatini dell’usato e da chi sgombra cantine. A Legnano, quattro amici hanno deciso di inaugurare una nuova sede della “Stanza della rabbia”, probabilmente mossi dalla necessità di sfogare il personale bagaglio di collera . E il successo, anche in questo caso, è stato immediato, tanto da portare di nuovo in risalto la notizia sulle “Rage Rooms”, che, come già scritto, ha visto la luce in Italia già negli anni scorsi. Non ci sono regole, basta entrare e sfogarsi sulle cose all’interno della stanza. I titolari della “Stanza” forniscono al cliente un’arma e un kit di oggetti di base, il piede di porco e venti oggetti, più un vaso e un elettrodomestico. Volendo c’è anche un pacchetto premium, trenta oggetti, e uno deluxe, quaranta oggetti. Si può entrare da soli o, al massimo, in due.

Un efficace antistress, stando alle testimonianze di chi ha deciso di provare, armato di spranga e con la precisa volontà di trarre il massimo grado di soddisfazione. Un’esperienza notevolmente proiettata alla sublimazione della rabbia in modo molto più esplicito, e dove si vive in un’epoca di forti tensioni sociali Volendo si può usufruire di una mazza da baseball, un ferro da golf o di un badile e migliorare, così, anche l’aspetto scenografico. Le norme di sicurezza, per chi vuole cimentarsi in questo “gioco”, prevedono: un casco integrale, scarpe antinfortunistiche, ginocchiere, parastinchi. Per rinforzare il clima, e dare un’atmosfera ancora più coinvolgente, si può decidere anche di avere una colonna sonora, chiedendo di mandare in onda il genere musicale o i brani preferiti all’interno della stanza, dove ci si lascerà andare alla devastazione totale. Ogni giorno che passa aumentano le prenotazioni, per esprimersi in questa forma di libertà controllata.

La rabbia repressa è sempre fonte di malessere

Sfogare la rabbia nell’era moderna è sempre stato fonte di dibattiti e questioni morali. In un mondo sempre più affollato e competitivo le cause per essere arrabbiati, a ragione o a torto, si amplificano. Quotidianamente si è sottoposti a fonti di stress. I ritmi, tutti basati sulla velocità e l’efficienza, di questa epoca non facilitano la questione. Lo psicoterapeuta Amleto Petrarca evidenzia, nel suo sito, come le forme di rabbia repressa siano dannose per il proprio benessere e si rischia di sfogarla sugli altri in modo sbagliato, e a rimanere scottato sarà sempre chi non ha saputo gestire al meglio la propria frustrazione. Il Dottor Petrarca evidenzia quindici segnali che possono aiutare nell’identificazione della rabbia repressa in un soggetto.

Tra questi indicatori c’è l’umorismo sarcastico, ossia chi parla con sarcasmo può celare della cattiveria o un atteggiamento apatico. Assumere comportamenti di auto-sabotaggio, come reiterare dei ritardi sul posto di lavoro, possono nascondere disagi sommersi. Essere cresciuti in famiglie poco comunicative, dove i silenzi erano le uniche risposte alle emozioni vissute. Il fastidio per le piccole cose, un figlio che fa cadere inavvertitamente una posata a tavola, è un altro segnale, come anche le ripetute tensioni muscolari o avere abitudini come mangiarsi le unghie. Sono alcuni dei punti che possono aiutare nell’identificazione di una rabbia repressa. Leggendoli tutti, probabilmente, chiunque, tranne forse qualche asceta, può riconoscersi in almeno uno di questi schemi. La rabbia fa parte dell’essere umano e non sempre un confronto verbale, o sfogarsi con dell’attività fisica, può essere risolutivo. Troviamo esplosioni di rabbia nelle violenze che ciclicamente si riscontrano tra le tifoserie di calcio. Nell’aumento vertiginoso di atti violenti tra i giovani. Nella violenza domestica e in quella che si vede per strada, magari per la rivendicazione di un parcheggio. Queste sono solo alcune dimostrazioni, in cui si può evidenziare lo sfogo della rabbia repressa. Una “Stanza della Rabbia”, in fin dei conti, potrebbe essere un buon deterrente, per non aggredire il prossimo in quel breve pericoloso momento in cui non si riesce a controllare l’istinto.