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Si torna a morire per overdose da eroina

Negli Stati Uniti sono quarantamila ogni anno, i decessi per overdose da eroina. Le previsioni, per i prossimi dieci anni, stimano che i morti arriveranno ad oltre mezzo milione. Una vera e propria strage da oppioidi. Per quanto riguarda l’Italia, un dato importante si evince dal Libro Bianco, esibito il 26 Giugno 2018 dalla Comunità di San Patrignano, dove gli individui segnalati alla prefettura per abuso di sostanze stupefacenti sono aumentati, in due anni, di ben il 39%. Inoltre, il 30% delle carcerazioni sono riconducibili al fenomeno della droga. Per quanto riguarda l’eroina, sostanza che ha conosciuto il suo periodo di “massimo splendore” tra gli anni settanta e gli anni ottanta del secolo scorso, bisogna precisare che è sempre stata credenza comune che, dopo il boom, fosse stata quasi completamente soppiantata da altre tipologie di stupefacenti, succedutesi nei decenni a seguire.

I vari periodi storici del ventesimo secolo sono stati contrassegnati da un diverso tipo di droga da abuso, come l’LSD negli anni sessanta. Nel ventennio successivo, oltre alla già citata eroina, esplodeva il mito del cocaina. Negli anni novanta ha predominato il crack, per poi entrare, con il nuovo millennio, nell’utilizzo delle droghe sintetiche e delle smart drugs. Queste ultime assunte con l’intento di risultare liberi, felici e socievoli. Stupefacenti che sciolgono i freni inibitori e permettono relazioni più ardite con il prossimo. Questo non accade con l’eroina, uno stupefacente utilizzato per smettere di provare dolore e turbamenti emotivi; una droga presa per non soffrire e rifugiarsi nel proprio mondo, in un’estasi esclusivamente personale. Per questo motivo si era portati a credere che fosse in via di estinzione, completamente soppiantata da droghe “più felici” e di più semplice commercializzazione. La realtà è ben diversa, l’eroina ha sempre avuto dei ritorni di fiamma durante gli anni, grazie anche al nichilismo, il quale vive in pianta stabile dentro questa post-modernità.

 

L’eroina non è ricomparsa, c’è sempre stata

In un articolo de ilpost.it, del 7 gennaio 2017, dove si parla dello sgombero, da parte delle forze dell’ordine, del boschetto di Rogoredo, famigerata zona di spaccio del milanese, si evidenzia l’utilizzo, oltre che della cocaina, dell’eroina. Il consumo di questo oppioide risulta essere molto cambiato: il suo costo è fortemente diminuito, sono state create delle microdosi da due o cinque euro, così da facilitarne l’accessibilità a chi ha scarsa disponibilità finanziaria, principalmente adolescenti e, addirittura, preadolescenti. Nel 2013 l’età media, in cui un giovane prova per la prima volta l’eroina, è di quattordici anni. Secondo i dati dello studio ESPAD Italia realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), l’eroina è la droga più popolare dopo la cannabis. Gli esperti di tossicodipendenze non parlano di un ritorno dell’eroina, sono cambiate la tipologia di consumatore e dell’assunzione. Nel mondo delle dipendenze da stupefacenti l’eroina non si è mai conosciuto l’esilio.

Tornando a parlare di ciò che accade oltreoceano, il 75% dei dipendenti da oppioidi ha iniziato con l’utilizzo sempre più massiccio e frequente di antidolorifici. In West Virginia, tra il 2007 e il 2012, sono state distribuite qualcosa come settecentottanta milioni di pillole di ossicodone e idrocone. Oltre all’età e i diversi costi, per quanto concerne l’utilizzo dell’eroina, è cambiata anche la tipologia del tossicodipendente: non sono solo più gli emarginati della società ad abusarne, negli ultimi anni si parla di una forte percentuale di consumatori formata da professionisti che, per lavoro, sono quotidianamente in contatto con il dolore fisico e psichico. Per questo stesso motivo è utilizzata anche da chi pratica sport. Un dato eclatante conforta questa tesi: negli Stati Uniti circa il 15% dei medici, e degli infermieri, utilizza sostanze psicotrope ad un certo punto della propria vita professionale. Essere costantemente a contatto con esperienze di dolore è una componente che aumenta il rischio di cadere nell’abuso di sostanze stupefacenti.

 

La ricerca del piacere per scacciare il dolore

Una frenetica ricerca del piacere, a livelli parossistici si può dire, che in inglese è denominata Craving, è il motore che porta un tossicodipendente alla continua ricerca della sua dose. Ci sono diversi tipi di piacere perseguiti tramite la sostanza stupefacente: c’è quello euforizzante della cocaina e delle amfetamine o quello più isolante degli oppioidi. A seconda dello stato emotivo del consumatore, si sceglie una sostanza che disinibisca o che funga da sedativo. L’eroina garantisce assenza di dolore e di turbamento, tanto da innescare indifferenza affettiva. Una dipendenza che tenta di celare, maldestramente, una disperazione più grande, non relegabile solo a uno stato personale, ma riscontrata in una post-modernità sempre più disagiata e condannata ad una solitudine di massa. Il desiderio è un continuo dispendio di energie per la ricerca di felicità effimere, condivise asetticamente con il prossimo il quale, a sua volta, è del tutto preso nella medesima ricerca. Miliardi di persone che parlano senza comunicare, completamente assorte in un culto spasmodico dell’Io, anche laddove c’è ben poco da celebrare, come una semplice colazione al bar.

L’eroina non è mai scomparsa, anzi ha allargato i propri orizzonti, per quanto riguarda la tipologia di consumatori. Ben inserita in un mondo mercificato, dove l’individuo esiste in quanto consumatore tutto proteso alla ricerca di un benessere effimero, solitario, completamente avulso da ogni tipo di condivisione sincera con l’altro, il quale risulta essere utile solo per scopi prettamente personali. Le molecole presenti nei derivati dell’oppio replicano quei meccanismi cerebrali che vengono ad attivarsi quando ci si sente appagati. Una via più breve, senza compromissioni relazionali, per la ricerca della felicità, che una volta era data da un’esistenza condotta non solo dall’esclusiva coltivazione dell’Io, ma dalla gioia di condividere esperienze, non solo commerciali, con il prossimo e di riunirsi in una piazza per il semplice gusto di stare insieme. Un altro testimone di questo isolamento, sempre più globalizzato, è dato dal gioco d’azzardo, una forma di dipendenza dove uomini e donne si isolano davanti ad una slot machine o nella parte più nascosta di una tabaccheria a scoprire i numeri di un gratta e vinci. Vecchie dipendenze conoscono nuove forme di sviluppo, non morendo mai.