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L’importanza della nostra storia personale

Raccontare la nostra storia e ri-raccontarla più volte permette di fondarla, farla entrare dentro di noi e far pace con essa. Da elemento esterno, spesso pieno di buchi o dimenticato, la storia di ciò che siamo diventa una miniera, da cui trarre con gentilezza materiale prezioso. Raccontare aiuta a dar valore a ciò che siamo oggi, proprio in quanto frutto di vicissitudini ed esperienze esteriori ed interiori. James Hilmann (1984) scrive:  “La figura mitica del genitore che ferisce, o che è ferito, diventa l’enunciato psicologico che il genitore è la ferita. In termini letterali questo significa che riteniamo responsabili i nostri genitori; ma lo stesso enunciato, visto come metafora, può significare che quel che ci ferisce ci può anche essere genitore. Le nostre ferite sono i padri e le madri dei nostri destini”.

La nostra storia guida in parte il nostro destino e ciò che siamo. Per questo è importante scandagliarla a fondo rivedendola e raccontandola. Molte delle scelte che facciamo nella nostra vita sembrano essere guidate dalla pura razionalità, quando invece crescono su una base emotiva. “Ho cambiato città perchè non c’era più lavoro”, “non ho più sentito quella persona perchè sono oberato di cose da fare”, “non farò figli perchè non ne ho la possibilità economica”. Queste spiegazioni, una volta analizzate, si rivelano coperture, piazzate sopra le motivazioni più squisitamente emozionali che ci hanno spinto a fare queste scelte: “ho cambiato città perche mi sentivo soffocare in quella vita”, “non ho più sentito quella persona perchè mi mette di fronte a delle sensazioni dolorose o spiacevoli”, “non farò figli perchè ho paura di non esserne capace”. Riaffermare la nostra storia permette di svelare questo e altri inganni e di vivere la vita con una maggiore consapevolezza e libertà.

 

Liberarci dagli automatismi e perdonarci

La nostra storia ci permette inoltre di comprendere come mai mettiamo in atto alcuni comportamenti e veniamo invasi da particolari emozioni. Spesso queste ultime sono nate e sono state rinforzate durante la nostra vita. Ad oggi le diamo per scontate, ma succede che ci mettano i bastoni tra le ruote. Vi sono a volte atteggiamenti, comportamenti o reazioni a fatti ed a persone che tendiamo a ripetere. Scattano in modo quasi automatico e ci fanno agire o reagire istantaneamente. Ad esempio ricerchiamo sempre lo stesso tipo di patner che ci fa soffrire, pensiamo di non riuscire a fare cose che poi sono alla nostra portata,  siamo convinti di dovere seguire strade che in realtà non sono le nostre, perdiamo il controllo o litighiamo in situazioni che sebbene sembrino differenti hanno le stesse caratteristiche di base. Scrive Freud (1932): “vi sono individui che nella loro vita ripetono sempre, senza correggersi, le medesime reazioni a loro danno o che sembrano addirittura perseguitati da un destino inesorabile, mentre un più attento esame rivela che essi stessi si creano inconsapevolmente con le mani questo destino” . Spesso la nostra storia contiene le chiavi per capire e risolvere queste reiterazioni.

Conoscere e raccontare la nostra storia permette poi di entrare in uno stato di maggiore clemenza verso ciò che siamo. Sapere come, perchè, e attraverso quali vicissitudini si è diventati ciò che si è ci permette di accettare in modo caldo e affettuoso le parti di noi che spesso abbiamo attaccato e rifiutato. Come leggendo e immedesimandosi nel personaggio di un romanzo tendiamo ad amare anche le sue caratteristiche più spinose, perchè conosciamo la sua storia e lo guardiamo con affetto, così possiamo fare con noi stessi. Non è una forma di rassegnazione o come ammettere a se stessi “sono fatto così, peccato” ma un comprendere la nostra peculiarità ed amare proprio quella, che attraverso la sua storia si è creata e sviluppata in modo unico.

Trovare la propria strada e capire gli altri

Attraverso la nostra storia possiamo comprendere meglio chi siamo e cosa desideriamo realmente. Quante crisi e depressioni, nascono dalla sofferenza provocata dallo scarto fra ciò che si cerca di essere, seguendo dettami sociali e familiari e la nostra reale natura? La lotta tra il conformarsi e l’individuarsi è costante in ognuno di noi. Scrive Carotenuto (2003): “Il processo evolutivo che accompagna la crescita personale degli esseri umani è caratterizzato da una serie di condizionamenti provenienti dalla realtà esterna, i quali plasmeranno, al di là di ogni forma di consapevolezza, il personale modo d’essere di ogni individuo. Lo sforzo, quindi, nell’uomo, o meglio la sua conquista evolutiva, sarà proprio quella di liberarsi da tutti i modelli esterni imposti non confacenti con le personali inclinazioni psicologiche, modelli che, in caso contrario distorceranno l’espressione spontanea della personalità”. Spesso ci costringiamo all’interno di ruoli o percorsi che non sono in linea con ciò che siamo e che ci potrebbe rendere più sereni. Con estrema cocciutagine seguiamo un percorso che non ci appartiene. Raccontare e riappropriarsi della propria storia aiuta e comprendere come mai costruiamo una gabbia e ci rinchiudiamo dentro, sanando infine questa situazione. Entriamo – non senza sudore e fatica – in una dimensione in cui possiamo finalmente prendere la direzione che più fa per noi.

Analizzando e percorrendo la nostra storia possiamo inoltre perdonare le persone che ci hanno fatto soffrire e, che non abbiamo mai accettato. Pensiamo a genitori, fratelli, a tutte quelle persone che ci sono state sempre vicine e che non riusciamo a digerire e vedere in modo più oggettivo. La loro storia e la nostra storia si sono mischiate, fanno parte una dell’altra. Raccontare e ricostruire la nostra storia ci costringe a ripensare parte della loro, comprendendo che anche loro sono frutto di ciò che è stato ed hanno vissuto: ci si approccierà a loro in modo più gentile e oggettivo. Ciò non vuol dire amare indiscriminatamente anche chi ci ha fatto soffrire, ma comprendere chi era allora e chi è oggi. Ciò permette di chiudere certi capitoli, perdonare, andare avanti. Avviene un allargamento dell’orizzonte rispetto all’altra persona, che viene vista in modo meno egocentrico e finalmente compresa, con i suoi difetti e con la sua umana esperienza.

 

Scritto da Gabriele Ramonda, www.psicologiaramonda.it, Psicologo clinico specializzando in Psicoterapia Psicoanalitica, collabora con il Centro di Psicoterapia presso l’ASL Torino1 e con i servizi sociali torinesi nel settore della disabilità.

 

Riferimenti bibliografici

Carotenuto, A. (2003). Il tempo delle emozioni. Milano: RCS.

Freud, S. (1932). Introduzione alla psicoanalisi, in Opere, Vol 11. Torino: Boringhieri.

Hillman, J. (1984). Le storie che curano. Milano: Raffaello Cortina Editore.