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Cosa è il disegno?

Cos’è disegnare? Come ci si arriva? È l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può.
(Vincent Van Gogh)

Negli ultimi tempi alcuni artisti d’eccezione hanno realmente aperto un varco in un “muro di ferro”: si tratta dei detenuti di diverse carceri italiane, che sono diventati protagonisti di iniziative davvero particolari. L’ultima è andata in scena al carcere di Rebibbia, dove il 22 gennaio è stata inaugurata una mostra di pittura realizzata con le opere di nove detenuti della sezione alta sicurezza.

“Colori dolenti” questo il titolo dell’esposizione  con  un richiamo esplicitato da uno dei detenuti al verso dell’Inferno di Dante “Per me si va nella città dolente”.  Nella sala del teatro le esperienze, le sofferenze, le riflessioni, le immaginazioni si tingono di vari colori e danno voce e forma a tutto ciò che è impossibile esprimere a parole. La prospettiva esistenziale che si sprigiona dai quadri a olio dei detenuti viene ben percepita dal critico d’arte Claudio Strinati, che si è fatto portavoce di questa iniziativa artistica.  Il lavoro dei ragazzi è stato poi lodato da Alessandro Reale, direttore del laboratorio artistico nato nel penitenziario romano nel 2015 su richiesta degli stessi detenuti e sostenuto dalla direttrice del carcere Rossella Santoro.

 

Pittori dentro

Non si tratta però dell’unico caso di arte galeotta. A Milano, presso lo Spazio Big Santa Marta, nel marzo 2018 si è tenuta la mostra del progetto “Pittori dentro” promossa dall’associazione «Artisti dentro», che coinvolge 13 carceri italiane. Protagoniste dell’esposizione erano opere di mail art, arte postale, disegni e dipinti su cartolina che hanno viaggiato fuori dalle mura del carcere.

Dal 2004 è attivo nel penitenziario di Terni il laboratorio “Arte in carcere” che ha fornito nuovi strumenti ai detenuti per esprimere se stessi, per sfuggire all’angoscia della condizione carceraria, dando vita a prodotti figurativi di alto livello. I temi sono i più svariati: paesaggi, vedute, soggetti figurativi, soggetti ripresi da quadri celebri, composizioni astratte. Non ci sono regole di fronte alla tela, ognuno è libero di scegliere cosa raccontare e come.

 

Il Museo fuori dal Museo

Rappresenta un’eccezione il progetto nato dalla collaborazione tra il Museo Egizio e la Casa Circondariale Lorusso-Cotugno nell’ambito dell’iniziativa «Il Museo fuori dal Museo». In questo caso i detenuti sono stati chiamati a replicare fedelmente alcuni dei reperti conservati al Museo, come vasi e corredi funerari della tomba dell’architetto Kha e di sua  moglie Merit. Il risultato è stato esposto alla mostra “Liberi di imparare. L’antico Egitto nel carcere di Torino”, allestita nell’ex Tipografia Marchisio nel dicembre 2018, trasferita oggi al Palagiustizia. L’obiettivo in questo contesto non era far evadere le voci dei reclusi, ma piuttosto far uscire il Museo dalla sua sede e portarlo a coloro che al museo non possono andare, come ha orgogliosamente sottolineato la presidente del Museo Evelina Christillin.

Tante altre sono le iniziative attive in Italia, da Trento a Napoli. Tutte prevedono un’attività, quella artistica, che risulta essere un valido e necessario strumento di riflessione e riabilitazione, un momento terapeutico che cerca di rieducare i detenuti alle proprie emozioni in un ambiente difficile, dove si è privati della libertà
Una libertà che in qualche modo si recupera con l’arte, strumento di comunicazione molto potente che riesce a scavalca i limiti delle sbarre per dare voce agli “artisti dentro”.

Scritto da Maria Riccardi, Laureata in Beni e Attività culturali all’Università degli Studi di Perugia. Specializzanda in Storia dell’arte all’Università degli Studi di Torino.

Riferimenti sitografici

Detenuti-pittori a Rebibbia: “La speranza non la perdiamo” LE FOTO. In mostra nel carcere opere degli ospiti braccio alta sicurezza.