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La personalità in psicologia

La psicologia della personalità si interessa ai processi psicologici e sociali che possono contribuire alla completa espressione delle capacità umane. Indaga, quindi, tre ampi temi: le differenze interindividuali; ovvero le singole propensioni che distinguono un individuo dall’altro, le relazioni interpersonali; che rappresentano un contesto fondamentale per lo sviluppo della personalità, e le interazioni tra fattori biologici e culturali. La personalità, per l’individuo, rappresenta l’insieme delle proprie qualità e inclinazioni; gli altri, invece, osservando i comportamenti, inferiscono emozioni e pensieri, delineando a loro volta una propria versione della personalità dell’individuo. La rappresentazione degli altri coincide solo in parte con quella che l’individuo si è costruito negli anni. Secondo Goffman (1959) il carattere è la somma dell’integrazione di ciò che noi pensiamo di noi stessi e di ciò che gli altri pensano di noi. La personalità, invece, è stata definita da Caprara e Cervone (2000) come un “complesso insieme di sistemi psicologici che contribuiscono all’unità e alla continuità della condotta e dell’esperienza individuale”.

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I fattori biologici della personalità

Norman (1963) ha formulato la teoria dei Big Five, sostenendo l’esistenza di fattori o tratti fondamentali costitutivi della personalità, che rappresenta un punto di incontro tra le teorie diffuse in quel periodo. Il modello individua cinque grandi fattori di personalità per i quali esistono dei vocaboli specifici, almeno per quanto riguarda le lingue occidentali. La possibilità di avere un termine adeguato a cui fare riferimento, costituisce la prova implicita che queste dimensioni sono universali e quindi presenti, in varia misura, in ogni individuo. I Big Five sono dei fattori bipolari: un punteggio alto in un costrutto contempla determinate caratteristiche, un punteggio basso il suo contrario. Secondo Norman sono:

  • estroversione/introversione, tendenza ad essere socievole e amichevole, o al contrario, ad esser più incentrato sul proprio mondo interiore;
  • gradevolezza/insensibilità, ovvero fattore che spinge ad essere cortese, altruista e cooperativo, o al contrario ostile e indifferente;
  • coscienziosità/inaffidabilità, comprende aggettivi quali “perseveranza”, “affidabilità” e “autodisciplina”, o i suoi contrari;
  • stabilità emotiva/nevroticismo;
  • apertura/chiusura all’esperienza che comporta una predisposizione per la creatività e l’originalità, o al contrario, un’inclinazione al conformismo.

Costa e McCrare (1986), prendendo spunto dal lavoro di Norman, hanno formulato il cosiddetto  Neuroticism, Extraversion, Openness Personality Inventory (NEOPI), introducendo l’ipotesi che possa esistere una gerarchia nei Big Five. In linea con il loro pensiero quindi l’estroversione, la stabilità emotiva e l’apertura all’esperienza rappresentano i fattori maggiormente determinanti nella costruzione della personalità di ognuno di noi.

 

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E i fattori culturali

Secondo Fromm (1963) la personalità può esser definita come l’insieme delle qualità psichiche ereditarie ed acquisite che determinano il temperamento, prima, e il carattere, poi. Questi due costrutti si formano grazie ad un processo evolutivo di adattamento, bilanciando i bisogni interni con le richieste esterne. Fromm (1963) sostiene che esista un aspetto della personalità definito “sociale”: un nucleo comune alla maggior parte dei membri di una società, formatosi come conseguenza di esperienze simili e di una modalità di vita affine. Ritiene inoltre che la personalità individuale costituisca una variazione attorno a tale nucleo. Secondo Fromm la personalità dell’individuo è modellata dalla struttura socioeconomica della società in cui vive. Essa infatti svolge una funziona formativa sulle personalità degli individui, determinandone i modi di pensare, di conoscere, di entrare in relazione con l’altro, l’espressione adeguata per i pregiudizi e per i sentimenti.

Nonostante  la cultura eserciti un’influenza molto forte sugli individui, essa non va intesa come deterministica e quindi non sussiste una relazione invariabile e immutabile. Al contrario, in linea con la teoria del determinismo reciproco triadico, ognuno di noi ha delle modalità differenti d’integrazione dei fattori culturali all’interno della propria personalità. In conclusione è possibile affermare che la personalità si adatta alla cultura e alla società in cui vive in modo dinamico e non passivo. I fattori biologicamente intrinseci della personalità influenzano quelli culturali, e viceversa, dando vita ad un processo di influenza reciproco in cui non è possibile determinare la causa e l’effetto.

Scritto da Federica de Lillis, Dott.ssa in Psicologia dello sviluppo tipico e atipico

 

Riferimenti bibliografici

Caprara GV., & Cervone D., (2003). Personalità, determinanti, dinamiche, potenzialità. Cortina Raffaello.

Fromm E., (1963). Fuga dalla libertà. Milano: Edizioni di Comunità.