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Covid-19: Stress e burnout nelle professioni sanitarie

Non sfoggiano un mantello e non hanno superpoteri, ma vengono definiti lo stesso eroi. Indossano un camice bianco, mascherine e tute protettive e, ogni giorno, combattono in prima linea contro un nemico tanto invisibile quanto spietato: sono i medici, gli infermieri ed gli operatori sanitari, gli eroi che stanno dando il loro contributo nella lotta contro il Covid-19, più comunemente conosciuto come Coronavirus. In una nazione dove gli ospedali sono diventati dei campi di battaglia e le sale di rianimazione delle trincee, i nostri medici-soldato combattono silenziosamente, in una corsa contro il tempo, una delle guerre più difficili della nostra storia. Nonostante le numerose battaglie che quotidianamente vengono perse a causa dei numeri troppo alti delle vittime, medici ed infermieri non si arrendono e continuano ad unire le loro forze per sconfiggere il Covid-19 e salvare quante più vite possibili.

È la storia di uomini e donne che ogni giorno si alzano, salutano i loro cari, si recano al lavoro, indossano divisa e mascherina e affrontano turni lunghi ed estenuanti nelle sale di rianimazione degli ospedali, nelle città più colpite dalla pandemia. È la storia di chi ha il volto segnato dai dispositivi di sicurezza, che quasi non permettono di respirare e il cuore segnato dal dolore. È la storia di medici in pensione che hanno sentito la necessità di tornare al lavoro per dare una mano ai loro colleghi, la storia di ragazzi di 22/23 anni che hanno anticipato la loro laurea in scienze infermieristiche per essere operativi sin da subito e la storia di medici che vengono in nostro soccorso da ogni parte del mondo. È la storia degli 8000 professionisti, provenienti da tutte le regioni d’Italia, che hanno risposto al bando del Governo per la ricerca di 300 medici da inviare nelle cosiddette zone rosse. È la storia di medici, infermieri ed operatori sanitari che mettono a rischio la loro stessa vista per salvare quella degli altri. È la storia di chi aiuta ma, a sua volta, ha bisogno di essere aiutato, in quanto la situazione attuale che questi professionisti si trovano a fronteggiare si ripercuote negativamente sulla loro salute fisica e psicologica.

 

Stress lavoro correlato e burnout tra le helping professions

Lavorare 12/13 ore al giorno, indossare dispositivi di sicurezza che non possono esser tolti mai durante il turno di lavoro neanche per andare in bagno, veder morire pazienti dopo appena qualche giorno di ricovero, dover intubare non solo anziani ma anche giovani, essere costretti a decidere chi ha la priorità di essere curato per prima in sala rianimazione, tenere la mano ad uno sconosciuto che sta per morire, farsi carico di avvisare la famiglia della persona deceduta e, soprattutto, lavorare con la paura di essere contagiati e di contagiare la propria famiglia sono sicuramente fattori che non fanno altro che aumentare a dismisura la possibilità che questi professionisti hanno di sperimentare un forte stato di stress e di burnout. Il termine burnout in italiano si può tradurre come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito” ed è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate.

La nota psichiatra americana C. Maslach (1981) ha utilizzato questo termine per indicare una sindrome i cui sintomi evidenziano una patologia comportamentale a carico delle cosiddette helping professions, ovvero tutte le professioni ad elevata implicazione relazionale, dove c’è una forte interazione tra l’operatore e l’utente e un intenso coinvolgimento emotivo. La frequente esposizione a situazioni emotivamente esigenti può alimentare, infatti, condizioni di stress anche molto acute e condurre le persone ad un maggior rischio di burnout.  E’ facile intuire, allora, che le categorie di lavoratori più colpiti sono proprio i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che, mai come adesso, si trovano ad affrontare una complicatissima emergenza umana e sanitaria.

Nello specifico, il burnout è caratterizzato da tre manifestazioni specifiche:

  • Esaurimento: è la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significativi e si verifica quando una persona sente di aver oltrepassato il limite massimo sia a livello emozionale e sia a livello fisico: il soggetto che ne è colpito si sente prosciugato, incapace di rilassarsi e di recuperare ed è privo di energia per affrontare nuovi impegni e nuove sfide.
  • Cinismo: si verifica quando l’operatore assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro, dei collegi e dei pazienti, azzerando il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro. Tali reazioni rappresentano il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dallo stress che ne deriva.
  • Inefficienza: si verifica quando il lavoratore inizia a sperimentare sensazioni di inadeguatezza, perdita di fiducia in sé stesso, nelle proprie capacità e verso il mondo esterno.

 

Burnout: sintomi principali

Al verificarsi delle condizioni su indicante, accade che il lavoratore non è più in grado di operare in modo efficace e produttivo, a causa dei sintomi fisici e psicologici che il burnout comporta. In particolare, tra i sintomi che possono manifestarsi a livello fisico ci sono stanchezza, cefalea, inappetenza, difficoltà a dormire, dolori al petto e crisi di affanno. Tra i sintomi psicologici si registrano, invece, un forte stato di tensione ed irritabilità, senso di frustrazione e fallimento, apatia, senso di colpa, demoralizzazione e cinismo.

Ai sintomi psicofisici appena descritti si accompagnano sintomi comportamentali che gli operatori potrebbero mettere in atto per fronteggiare la forte sensazione di stress che sono costretti a vivere. Tra questi ultimi rientrano comportamenti quali la tendenza all’isolamento e al ritiro, la tendenza a rimandare o a ridurre i contatti con gli utenti e a sperimentare uno stato di cinismo verso di essi, l’incapacità di concentrarsi o di ascoltare ciò che il paziente sta dicendo, la diminuzione della qualità e della quantità del servizio e dell’assistenza offerto, mettere in atto comportamenti che producono situazioni conflittuali sia all’interno del contesto lavorativo con i propri colleghi e sia all’esterno con famigliari e amici, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno fino a sfociare nell’assenteismo È facile intuire che, in un periodo difficile e delicato come quello che stiamo vivendo, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è proprio quella di vedere medici ed infermieri vittime del burnout, in quanto questo vorrebbe dire avere a disposizione una minore quantità e qualità di personale medico impegnato della battaglia contro il Covid-19. Mai come adesso, diventa dunque di fondamentale importanza tutelare e proteggere i nostri eroi dal camice bianco.

 

Possibili interventi in presenza di burnout

Generalmente, gli interventi che vengono maggiormente usati in ambito organizzativo per contrastare il burnout, possono essere suddivisi in tre categorie principali, la prima delle quali corrisponde ad interventi di tipo organizzativo che puntano a individuare i fattori lavorativi che causano stress e ad intervenire sul cambiamento della struttura, delle pratiche organizzative e dei fattori fisici e ambientali. Un secondo intervento è quello al livello di interfaccia individuo-organizzazione che mira a migliorare l’adattamento persona-ambiente e a produrre cambiamenti della percezione che i lavoratori hanno del proprio contesto lavorativo. Infine, un terzo intervento è quello a livello individuale che si pone come obiettivo il potenziamento delle risorse dell’individuo allo scopo di garantire al lavoratore un miglior fronteggiamento dello stress (Avallone, Paplomatas, 2005).

Più nel concreto e rapportandoci alla situazione di emergenza attuale che gli operatori sanitari stanno vivendo, ci sono vari interventi che, se applicati, possono consentire a medici ed infermieri di lavorare in condizioni meno drammatiche. Tra questi interventi sicuramente c’è quello del Governo e delle autorità competenti che dovrebbero consentire a tutte gli operatori sanitari di lavorare nella massima sicurezza possibile, fornendo a medici ed infermieri tutti i dispositivi di protezione che consentano loro di svolgere il proprio mestiere senza dover andare incontro a nessun tipo di rischio e mettendo a loro disposizione equipe di psicologi esperti nella gestione delle emergenze.

 

Contesto lavorativo e strategie personali

Altri interventi utili sono quelli che possono essere adottati dalla Direzione all’interno del contesto organizzativo ed ospedaliero, ad esempio organizzando incontri con il personale medico per risolvere eventuali conflittualità, organizzare dettagliatamente il lavoro di ogni operatore, creare un clima relazionale collaborativo, migliorare le caratteristiche dell’ambiente di lavoro, incoraggiare e supportare il personale nel raggiungimento degli obiettivi, riconoscere e valorizzare le competenze di ogni operatore e sviluppare il senso di unione e di squadra. Inoltre ogni singolo operatore sanitario può, per proprio conto, adottare azioni e strategie per arginare e fronteggiare lo stress, ad esempio usando tecniche di rilassamento fisico e mentale e cercando di fare qualche pausa durante il turno di lavoro. Altre strategie possono essere quelle di separare, per quanto possibile, lavoro e vita privata per evitare la propagazione del malessere nella vita famigliare e rafforzare le relazioni con i colleghi da cui possono nascere e svilupparsi riscontri positivi, sostegno e utili confronti.

Oltre al governo, alle istituzioni e a chi si occupa del coordinamento degli ospedali, dei reparti e del personale sanitario, anche ognuno di noi, in una situazione come questa, è chiamato a dare il proprio contributo per limitare la diffusione del contagio ed evitare di sovraccaricare, in tal modo, i medici e gli infermieri che, come sappiamo, in questo delicato momento sono già sottoposti a carichi di lavoro estenuanti. La direttiva che risuona ormai incessantemente da settimane, da Nord a Sud, è quella di limitare il più possibile i contatti umani, di uscire solo se strettamente necessario e di restare il più possibile dentro casa. Solo in tal modo, ognuno di noi, può contribuire, nel suo piccolo, ad aiutare medici, infermieri ed operatori sanitari a svolgere il proprio lavoro e salvare quante più vite possibili, in una corsa contro il tempo, dove ormai di tempo non ce ne è più.

 

Articolo scritto da Eleonora Scappaticci, Dottoressa in Psicologia del Lavoro e delle Risorse Umane

 

Riferimenti bibliografici

Avallone, F., Paplomatas, A. (2005) Salute organizzativa. Psicologia del benessere nei contesti lavorativi. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Maslach, C., & Jackson S.E. (1981) MBI: Maslach Burnout Inventory. Consulting Psychologists Press, Palo Alto.