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Il Pronto soccorso psicologico

Nella vita di ognuno capitano momenti difficili, dove ci si sente disarmati emotivamente per poter affrontare grandi problemi al lavoro, in famiglia, nelle relazioni con gli altri in generale. Fatti spiacevoli, tradimenti, rapporti inquinanti con il prossimo e di cui non si riesce a trovare soluzioni per migliorare la convivenza, soprattutto con se stessi. Secondo il Professore Alessandro Calderoni, laureato in psicologia clinica all’Università Bicocca di Milano e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, sono numerosi i casi di persone che presentano forti disagi in merito. Partendo da questa convinzione ha ideato il progetto che ha fatto nascere a Milano un “Pronto Soccorso Psicologico” a pagamento, accessibile a tutti. Come si può leggere nell’articolo del Fatto Quotidiano, il progetto mira ad offrire una relazione di aiuto a tutte quelle persone che presentano problemi con l’autoregolazione dei sentimenti e soffrono in modo eccessivo ma, se intercettate per tempo da operatori professionali, potrebbero soffrire molto di meno.

Il Professor Calderoni ha vinto uno dei cinque bandi, promulgati dall’Università della Bicocca, dell’estate 2018. Progetti selezionati nell’ambito dell’Università del Crowdfunding, iniziativa lanciata dall’ateneo stesso sulla community “produzioni dal basso”. Calderoni afferma di puntare a raccogliere diecimila euro in due mesi da utilizzare come base di partenza. La raccolta fondi è utile per intercettare soggetti che possono avere bisogno di un supporto ma non andrebbero mai dallo psicologo perché ritengono di non averne bisogno, perché non se lo possono permettere o perché, più semplicemente, gliene manca la voglia. Le ultime ricerche statistiche in merito sembrano dare ragione al Professore: in Italia, circa il 15% delle persone che non ha ancora mostrato disturbi emotivi ha un’elevata probabilità di mostrare nel breve e medio periodo una serie di sintomi ansioso-depressivi. Solo uno su quattro, però, riceve un trattamento specifico e solo il 10% può beneficiare di cure adeguate.

 

L’importanza della tempestività

Calderoni sottolinea l’importanza della tempestività nell’intervento fin dal primo incontro, in fatti ha coniato lo slogan “Primo sollievo in trenta minuti”. Una volta fatta la valutazione del sintomo, il passo immediatamente successivo è quello di proporre un protocollo con una catena di esercizi prontamente utilizzabili con il supporto di una squadra composta da tre psicologi e un avvocato. Calderoni afferma che in Italia esistono già dei modelli di pronto soccorso psicologico, ma che sono dati da un’assistenza prevalentemente telefonica escludendo, quindi, il contatto diretto. L’innovazione di questo intervento, dice, sta nell’idea di algoritmizzare totalmente l’intervento così da rendere molto rapidi i benefici reali per i pazienti. Sono offerti, senza appuntamento, una serie di servizi con modalità tecniche di intervento moderne fornendo agli utenti gli strumenti per stare meglio, per un totale massimo di otto incontri individuali. Un percorso terapeutico breve ma molto produttivo, secondo l’ideatore.

Le persone che decideranno di affrontare l’esperienza avranno un bagaglio di conoscenza preziosa e un apprendimento che potranno utilizzare ogni volta nel momento del bisogno. Il progetto partirà dall’autunno di quest’anno. Il luogo è ancora da stabilire, ma con ogni probabilità si troverà al centro di Milano, magari in prossimità di una delle fermate della metropolitana. L’Università Bicocca si farà garante della pagina di crowdfunding. I prezzi saranno altamente accessibili e, inoltre, ci saranno ulteriori agevolazioni per i ragazzi fino a venticinque anni di età e gli anziani sopra i sessantacinque. Un’iniziativa, quella del Pronto Soccorso Psicologico, che va a sottolineare un’emergenza da tutti riconosciuta ma difficilmente affrontata con la dovuta serietà. Il disagio psicologico, sotto forma delle più svariate patologie, alberga nella nostra società e riguarda tutti noi direttamente o indirettamente, se a soffrirne è un parente stretto, un partner, un caro amico.

 

Nonostante il disagio si continua a vivere così

Non passa giorno che non si apprenda di ricerche e iniziative che affrontano il disagio psicologico nell’uomo postmoderno. Ragazzi che manifestano sintomi depressivi, ansiogeni, autolesionistici. Per L’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione, in tutte le sue forme, è stata definita come il male del secolo. Tanto da aver stimato che nel 2020 sarà la causa maggiore di assenteismo nel posto di lavoro e nel 2030 sarà la malattia più diffusa nel mondo. Eserciti di bipolari affollano gli studi di psichiatri e psicoterapeuti. Le fobie sono sempre più numerose, per non parlare dell’abuso di sostanze stupefacenti, della ludopatia, del fenomeno dell’hikikimori. Milioni di persone stanno male e lo stress della vita di oggi non aiuta, non concede tempo per potersi soffermare e ritagliarsi del tempo per comprendere cosa ha condotto a sviluppare un determinato disagio. Chi va da uno psicologo pretende risposte e soluzioni immediate, non pretendendo di capire fino in fondo, chiedendo soltanto una risoluzione immediata del problema che, in quel momento, è ritenuto l’unica causa del disagio provato.

Nonostante questi dati allarmanti e iniziative come quella del “Pronto Soccorso Psicologico”, le quali cercano di andare incontro alla negazione, che spesso accompagna chi soffre di certi disturbi, alla mancanza di tempo e disponibilità economica delle persone, si continuano a mantenere stili di vita con cui si deve affrontare la conseguenza del malessere psicologico. Un mondo del lavoro precario, relazioni sociali frammentate, diffidenza crescente verso il prossimo. E ancora: la vita nelle città con ritmi sempre più stressanti; mutazioni socio-economiche repentine; tensioni politiche, razziali, religiose. Sono solo una piccola parte delle cause che vanno ad infierire sullo stato emotivo di una persona che, mai come oggi, conduce un’esistenza lontana da se stessa, costretta ad indossare più personaggi nell’arco di una giornata e che giunge alla fine di essa con un senso di vuoto che sempre di più si va a colmare con qualche dipendenza e non con delle sane relazioni con il prossimo.