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Brutti risvegli

Troviamo sull’internazionale.it un articolo del “The Guardian”, di Eleanor Morgan, che riporta i dati di una ricerca svolta dal King’s College di Londra. L’indagine riguarda la qualità del sonno dei britannici dove è emerso che due persone su cinque ammettono di soffrire di disturbi del sonno. Il professore Bobby Duffy, responsabile della ricerca, dichiara che c’è un’evidente correlazione tra l’aumento dello stress e la qualità del sonno. Con la nuova realtà, imposta dal coronavirus, il 53% dei soggetti intervistati ha ammesso di riscontrare notevoli difficoltà nel dormire in conseguenza dell’alto livello di stress, causato dalla paura del contagio. Inoltre, nel mondo, ha preso piede il fenomeno dei sogni da pandemia. A quanto sembra le condizioni di vita che costringono ad uno stringente isolamento, con pesantissimi limiti nelle relazioni sociali, hanno generato nuove ansie e stravolto i normali cicli di sonno-veglia. Molti ricercatori stanno svolgendo indagini in questa direzione.

Tra loro c’è la dottoressa Deirdree Barrett, psicologa clinica ed evoluzionista presso la Harvard Medical School. La sensazione di sognare con maggior frequenza, spiega la Barrett, è data dal fatto che in questo periodo di quarantena si presentano più occasioni per dormire, magari con riposi pomeridiani o restando a letto fino a tardi e la possibilità di ricordare i sogni, quindi, è di molto maggiore. Ma per ricordare un sogno bisogna svegliarsi da esso e, come sappiamo, lo stress è causa di frequenti risvegli notturni. La Barrett sta analizzando i dati sui sogni da pandemia, descritti da oltre duemila persone intervistate per le sue ricerche. La dottoressa afferma, grazie alle ricerche portate avanti negli anni, di aver riscontrato molti tratti in comune nei sogni che rispondono ai traumi e alle crisi; grazie a delle associazioni visive chiare si hanno esperienze oniriche molto più concrete. Dopo gli attentati dell’11 settembre, ad esempio, le persone sognavano dirottatori con coltelli, palazzi che crollavano, aeroplani che si schiantavano contro cose.

 

Sognare insetti

In assenza di scenari su cui focalizzare l’attenzione, invece, nel mondo dei sogni ci si connette alle personali metafore visive. La Barrett, che si occupa di analizzare i sogni di soggetti sopravvissuti ad eventi traumatici, racconta che quando ha studiato i dati sulle persone che erano scampate all’attentato della metropolitana di Tokyo con il gas sarin, scoprì che molte di loro testimoniavano di sognare mostri e aggressori invisibili, piuttosto che degli attentati con il gas. Anche in molti sogni fatti durante il covid-19, che di fatto è un nemico invisibile, la Barrett riscontra terremoti, tornado, inondazioni. Ma l’aggregato più significativo sono gli insetti. In questa pandemia c’è chi sogna masse di vermi attorcigliati, sciami di cavallette, eserciti di scarafaggi. La ricerca da tempo ipotizza che il contenuto dei sogni e strettamente connesso al modo di pensare da svegli. Nella fase Rem, l’ultima fase del sonno dove si sogna di più, si elaborano i ricordi intensi, le emozioni in atto e i fattori di stress.

I sogni sono spesso colmi di simbolismo e strane rappresentazioni della realtà. Durante questo confinamento dovuto alla quarantena, quindi, è probabile che lo svolgimento della propria esistenza si sia ridotto a poche stanze, ricevendo pochi stimoli a cui far riferimento, e inconsciamente si è tornati a scavare nel passato, un passato molto remoto. E, forse, la similitudine del contenuto dei sogni in tutto il mondo si può ricondurre all’inconscio collettivo teorizzato da Jung. Il dottor Renzo Zambello, psicoterapeuta con formazione psicanalitica, in un suo articolo ci ricorda la definizione di inconscio collettivo e gli archetipi. La prima volta che Jung definiva l’inconscio collettivo era il 1912. Nel suo libro “Trasformazioni e simboli della libido”, descriveva le allucinazioni di pazienti schizofrenici privi di cultura e in assenza di scolarizzazione. Jung evidenziò la presenza di elementi culturali e miti del passato che tali pazienti non potevano aver appreso in alcun modo. Secondo Jung erano i contenuti archetipici dell’inconscio collettivo, comuni a tutti gli uomini e discendenti da un’umanità remotissima. Un patrimonio ereditario comune, senza differenziazione ed evoluzione.

 

Inconscio collettivo

In seguito, Jung tornerà spesso sul tema, fino alla sua morte, lavorando sulla propria vita psichica e quella dei pazienti per giungere alla convinzione che l’uomo possiede un’eredità psichica, quella che chiama inconscio collettivo e che produce, per la vita psicologica, fenomeni fondamentali che, al pari di altre caratteristiche ereditarie, si manifestano a livello fisico. Per Jung, ogni uomo è proiettato verso la crescita avendo già in sé i codici, quelli che definisce archetipi, di una conoscenza onnisciente a priori. Per Jung, l’inconscio collettivo è una sorta di spirito che pervade tutto, onnipresente e onnisciente. Il dottor Zambello afferma che internet può essere una rappresentazione, come surrogato tecnico, dell’inconscio collettivo. Come tutti i surrogati, può creare dipendenza e decisamente non è l’inconscio collettivo, ma può rappresentare molto bene la sua funzione. La rete, che collega tutto e tutto, che sa ogni cosa ed è presente ovunque.

In un mondo connesso ventiquattro ore su ventiquattro, dove le esperienze sono identiche e contemporanee ad ogni latitudine, l’identità del singolo è sempre più offuscata e catalogabile in una categoria, le esperienze oniriche rispecchiano questa comunanza. Internet è diventato il veicolo principale di comunicazione e “condivisione” virtuale, attiva l’inconscio collettivo e la paura del contagio da coronavirus, nemico invisibile, fa sognare attacchi di cavallette a Londra come a Buenos Aires. Nonostante le grandi differenze sociali, l’alienazione, il nichilismo imperante gli esseri umani sono sempre connessi uno all’altro a livello inconscio e questo genera paure, necessità, prospettive che non possono prescindere dalla comunità nonostante si continui a propugnare una cultura socio-economica individualista, e da questo punto di vista non credo che il covid-19 ci abbia insegnato molto. Una volta fuori la quarantena, finiranno le comunità unite sui balconi e si tornerà, a girovagare ognuno nella propria cella dell’arnia e gli insetti sognati saranno solo ricordati per descrivere i mesi vissuti durante la pandemia.