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Dipendenza da gioco d’azzardo negli anziani

Il fenomeno degli over 65 che giocano d’azzardo è in espansione; all’interno di tabaccherie e bar, sono molte le persone di una certa età intente a grattare biglietti della lotteria istantanea o in ipnotica attesa, di fronte a schermi digitali che esibiscono, a rotazione, estrazioni di numeri. Il fatturato del gioco d’azzardo legale, nel nostro paese, è notevolmente aumentato; secondo attuali statistiche siamo il terzo paese al mondo, dove si gioca maggiormente e, addirittura, il primo per quanto riguarda la vendita di ‘gratta e vinci’.

Il Gruppo Abele, Auser Nazionale e Libera hanno svolto l’indagine “Anziani e Azzardo”. Un’accurata osservazione che ha coinvolto, pochi anni fa, ben 1000 persone di quindici regioni differenti: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto. L’obiettivo principale è stato quello di indagare il comportamento del gioco d’azzardo tra le persone che avevano un’età superiore ai 65 anni.

Giovani e non solo

I risultati, ottenuti da questo screening, sono stati veramente molto interessanti, soprattutto in merito alla percentuale di persone a rischio, o sviluppo di dipendenza comportamentale. Il 79% delle persone che sono state intervistate ha ammesso di aver giocato almeno una volta durante l’anno precedente. Il 14.5% dei giocatori ha presentato delle condotte particolarmente rischiose mentre il 16.5%, a causa della propria dipendenza da gioco, ha presentato, di conseguenza, gravi difficoltà economiche. Le statistiche sopra riportate ci sostengono nell’evidenziare quanto il gioco d’azzardo sia una problematica che colpisce non solo i giovani, ma una vera e propria piaga sociale. Per quanto ancora il gioco d’azzardo sia maggiormente diffuso tra giovani e adulti, questi recenti studi dimostrano che la parte di persone anziane che gioca d’azzardo lo fa con una frequenza maggiore rispetto al resto della popolazione.

La perdita dei ruoli sociali tradizionali

Questo coinvolgimento degli anziani è, presumibilmente, legato al maggior tempo libero che questa fascia della popolazione ha a sua disposizione, così come anche all’accessibilità economica immediata legata a pensioni personali o altri sussidi. Questo denaro, inoltre, sembrerebbe ‘facilmente spendibile’ da quegli anziani che meno incatenati e obbligati da doveri familiari. Tuttavia, il fattore frenante dell’accudimento dei figli non è da tutti gli anziani percepito come vincolo di responsabilità.

La perdita dei ruoli sociali tradizionali vissuta dalle persone anziane, inoltre, può esporre a un maggiore rischio d’isolamento, senso di solitudine e stati depressivi. Non essere più genitori, mogli o mariti, lavoratori inseriti in una catena di produzione attiva, sembrano essere delle condizioni che facilitano e incrementano il rischio di sviluppare una dipendenza da gioco d’azzardo (detta anche azzardopatia). Il gioco d’azzardo, (slot machine, una scommessa, la ‘puntata’, una lotteria, i ‘gratta e vinci’, ecc.) assume una vera e propria funzione compensatoria rispetto a ciò che nella loro vita non c’è più.

Il supporto della famiglia

È in virtù di quest’atteggiamento di risarcimento e risalva, per aver perso una parte della loro identità, che il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo, nei soggetti anziani, è complesso. La difficoltà iniziale è quella di abbattere l’ambiente sociale che l’anziano, proprio attraverso la compulsione al gioco, ha costruito attorno a se stesso. È molto importante quindi, nel percorso terapeutico che si vuole intraprendere, lavorare in primis sul rendere più stabili le relazioni con i familiari e più numerose e solide le reti amicali. È fondamentale, ad esempio, che la famiglia dell’anziano si assuma la responsabilità di tornare a essere il fulcro principale della vita di quest’ultimo; in tal modo diminuiranno lo stress e lo spazio concesso ad abitudini malsane che possono averlo condotto allo sviluppo della dipendenza comportamentale. Eliminare lassismo e disinteresse nei confronti di queste condotte, aumentare sensazioni e emozioni positive, focalizzandosi maggiormente sui bisogni propri della persona anziana la aiuterà a sviluppare un nuovo senso di significato e autoefficacia, rendendo il tempo libero a disposizione una risorsa su cui investire (volontariato, hobbies, attività ricreative e sportive, ecc.) e non più un buco temporale da far trascorrere.

 

Scritto in collaborazione con Eleonora Beleggia, Dr.ssa in Psicologia Clinica e di Comunità

 

Riferimenti bibliografici

Caretti V., La Barbera, D., (a cura di), Le nuove dipendenze: diagnosi e clinica, Carocci, Roma,

2009.

Rascazzo F., Reynaudo M. (2013). Anziani e gioco d’azzardo. Dall’analisi del tema allo strumento di ricerca, in L’azzardo non è un gioco. Gioco d’azzardo legale e rischio dipendenza tra le persone over 65 incontrate da Auser.

Rascazzo F., Reynaudo M. (2013). La ricerca “L’azzardo non è un gioco 2013”, in L’azzardo non è un gioco. Gioco d’azzardo legale e rischio dipendenza tra le persone over 65 incontrate da Auser.