Skip to main content

La storia di Richard Dadd

Può un pittore di mondi fatati essere capace di un patricidio? Sì, se il pittore ha agito per ordine del Dio egizio Osiride. Per molto tempo la critica ha ricondotto a questi due concetti la figura di Richard Dadd (1817-1886), pittore inglese dell’Ottocento. Dadd, quarto di sette figli, nasce nel 1817 in una famiglia benestante del Kent. Trasferistosi da tempo a Londra, quando ha vent’anni è ammesso alla Royal Academy of Art, dove si distingue per il suo talento vincendo diversi concorsi. Si specializza ben presto nella nuova corrente dell’arte vittoriana nota come Fairy painting (Pittura di fate), diventandone uno dei maggiori esponenti. Si tratta di un genere che ha molta fortuna tra gli inglesi, che si mostrano particolarmente affascinati dalle fiabe e dai personaggi che le popolano. Nel 1841 Sir Thomas Phillips sceglie Richard come disegnatore per il suo viaggio in Asia minore.

Richard Dadd mentre lavora a Contradiction: Oberon and Titania, 1854-8

Durante il viaggio lungo la valle del Nilo l’artista si comporta in maniera strana e accusa continui mal di testa che sono ricondotti a un’insolazione. Dadd è convinto di essere in contatto con il Dio Osiride, che lo avrebbe incaricato di combattere contro il diavolo. Tornato in Inghilterra il giovane è esaminato da un medico di fiducia della famiglia, specializzato in malattie mentali, che consiglia l’internamento avendo riscontrato forti disturbi. Tuttavia il padre, ex farmacista, convinto che abbia bisogno solo di riposo invita il figlio a trascorrere del tempo nella campagna del Kent. Il 28 agosto 1843 Richard uccide brutalmente il padre, colpevole di essere un nemico di Osiride. Scappato a Parigi l’artista viene arrestato per aver tentato di accoltellare un turista. L’anno dopo è rimandato in patria per subire il processo per omicidio. Dichiarata l’insanità mentale Dadd è internato al Bethlem Hospital; dopo vent’anni sarà trasferito a Broadmoor dove morirà nel 1886, all’età di 69 anni.

Shakespeare e i mondi fatati

Una lettura superficiale indurrebbe a pensare che Dadd dipingesse mondi fatati per via delle sue allucinazioni, ma si è detto che non è così. Una delle fonti predilette da Richiard, prima e dopo l’internamento, sono gli scritti di Shakespeare: a  “Sogno di una notte di mezza estatesi ispirano i dipinti Titania sleeping (1841) e Contradiction: Oberon and Titania (1854-8); mentre da “La tempesta” è Come unto These Yellow Sands (1842). Durante gli anni in manicomio Dadd non smette mai di dipingere e la critica ha da sempre posto l’attenzione sul fatto che la sua tecnica non fosse affatto mutata a causa degli squilibri mentali. Accanto alle tele animate da piccole creature nella produzione degli anni Cinquanta si annoverano trentatré acquerelli intitolati Schizzi per l’illustrazione delle passioni, tra i quali spicca  Agony-Raving Madness (Agonia – Follia delirante).

Titania sleeping, 1841, Richard Dadd

Agony-Raving Madness, s.d., Richard Dadd

Come unto These Yellow Sands, 1842, Richard Dadd

Per diversi decenni Richard Dadd viene messo in cantina e sarà recuperato solo negli anni Sessanta dal nascente movimento anti-psichiatrico che guarderà con nuovo interesse all’opera di quello che sarà considerato un eroico sopravvissuto della psichiatria. Nell’album dei Queen del 1974 è incisa una canzone scritta da Freddie Mercury dal titolo: The Fairy Feller’s Master-Stroke (Il colpo da maestro del taglialegna fatato) come l’omonimo dipinto a cui lavora Dadd per ben nove anni. Già l’artista aveva scritto uno strano testo in versi “Elimination of a Picture and its subject – called The Feller’s Master Stroke”, che ne spiegava la composizione: al centro è una figura definita “il Patriarca”, con barba bianca e un enorme cappello su cui danzano fate e elfi. L’uomo sta per dare l’ordine al taglialegna di dividere con un colpo d’ascia una nocciola, che sarà usata per costruire una carrozza alla regina Mab, fata menzionata in Romeo e Giulietta. La scena è invasa da noci e bacche, grovigli di erba, viticci e fiori sui quali si posano strani insetti.

The Fairy Feller’s Master-Stroke, 1855-64, Richard Dadd

Una diagnosi complessa

Non è chiara l’origine degli squilibri umorali di Richard Dadd e al suo tempo non era chiara la diagnosi. Quando in Francia viene condotto nel manicomio Maison d’Aliénés de Clermont, gli viene trovata addosso una lista di persone che “dovevano morire” e il medico di turno lo riconosce affetto da monomania omicida. Secondo Helen Klemenz (2010) il disturbo era stato causato da un trauma emotivo, dalla privazione del sonno e dall’insolazione. Tromans (2011) riferisce invece dello sconforto in cui precipita Richard di fronte all’impossibilità di ritrarre come e quanto avrebbe voluto le bellezze dei luoghi esotici che si trova davanti durante il viaggio. Questo è particolarmente frustrante per l’artista e mina il suo equilibrio mentale. Va inoltre aggiunto che molti membri della sua famiglia erano stati o stavano per essere istituzionalizzati perché soffrivano di ogni sorta di problemi comportamentali. Se prima non si avevano gli strumenti per raggiungere una diagnosi adeguata, oggi i deliri religiosi di Dadd si riconducono ai sintomi della schizofrenia paranoide o alla psicosi maniaco-depressiva.

In ogni caso al termine del processo subito a Londra per il patricidio, la dichiarata insanità mentale gli permette si scampare all’impicaggione, pena prevista per questo tipo di crimine. Richard Dadd è infatti uno dei primi ad avvalersi delle “McNaghten rules”, primo tentativo del sistema legale inglese di considerare la follia come incapacità di intendere e di volere. Viene così internato al Bethlem Royal Hospital di Londra, meglio noto come Bedlam (manicomio), oggi sede dell’Imperial War Museum. Dopo vent’anni è trasferito nell’istituto avanguardistico costruito a Broadmoor secondo la nuova legislazione emanata nel 1860, che non voleva più gli alienati incatenati nelle celle: è così che Dadd ritrae il matto nel suo acquerello Agony-Raving Madness. Ora i “pazzi” sono riconosciuti come malati da curare in luoghi confortevoli dove è possibile trovare la calma e almeno un po’ di pace.

 

Riferimenti bibliografici

Tromans, N. (2011). Richard Dadd: The Artist and the Asylum. London: Tate Publishing.

Klemenz H. (2010). Richard Dadd and his Demons in France. the Burlington Magazine, 152, 227-229.