Quando sorridere aiuta a raccontare una storia importante
Grazie a un personaggio come Stefano Belisari in arte Elio, frontman del gruppo musicale “Elio e le storie tese”, si può trattare con ironia un argomento serio e di attualità come l’autismo. Un’ironia proveniente da un uomo che ha un figlio autistico, che viene utilizzata per attirare l’attenzione su una realtà che riguarda moltissime famiglie, spesso lasciate sole dalle istituzioni. Lo apprendiamo molto bene in un articolo del Corriere.it sul convegno a cui il cantante ha partecipato.
A Varese, all’inizio del mese di Aprile si è tenuto un convegno, organizzato dalla Fondazione Sacra Famiglia, in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo. Alla tavola rotonda era ospite Elio, il quale si sta spendendo per una campagna di sensibilizzazione sull’argomento. E lo fa usando toni pacati ma concreti, e con ironia, per non rendere il tutto intriso di una solennità che rischierebbe di ottenere l’effetto contrario. L’artista cattura l’attenzione con un eloquio forbito ma comprensibile a tutti, e una sua battuta alla platea fa ridere e riflettere molto, non solo sul tema dell’autismo ma anche sui tempi che stiamo vivendo: “Se oggi si raccolgono ondine duecentocinquantamila firme per salvare un cane, non possiamo fermarci a venticinquemila per chiedere l’applicazione di una legge regionale sull’autismo che non lascerebbe più sole centomila famiglie lombarde che ogni giorno devono affrontare questa difficoltà”.
Il mondo social spesso ha priorità che portano ad ignorare certi temi
La sua battuta fa riferimento alla petizione online nata per perorare la causa di Miro, un pastore maremmano rinchiuso in un canile perché abbaiava troppo. La sua padrona ha indetto subito la petizione per liberarlo, e in rete si è scatenato l’inferno. Elio è il testimonial di una campagna di sensibilizzazione promossa dal comitato “Uniti per l’Autismo” e, sempre con garbata ironia, si domanda rivolto al pubblico: “Sarò io il testimonial giusto per questa campagna? O forse era meglio chiedere al cane, anche se parla un po’ meno bene di me”.
La testimonianza di un padre che ha il figlio autistico
Elio riporta la sua esperienza di genitore che scopre di avere un figlio autistico e il calvario conseguente da affrontare, per capire al meglio la condizione del figlio e come agire. Le sue parole fanno capire perché si spende pubblicamente per questa causa: “Voglio dire chiaramente che su questo tema siamo all’età della pietra, specialmente sotto il profilo della percezione. C’è poi il problema dei ciarlatani, delle “cure” che non fanno effetto. Ricordo quando cercavamo, io e mia moglie, qualcuno che ci dicesse se nostro figlio era autistico o no: avere una diagnosi è pressoché impossibile, ti viene fatta quasi sottobanco, ma in realtà si tratta di un passaggio fondamentale, perché la diagnosi precoce va fatta”. Elio tiene a precisare che le difficoltà insorgono subito e, se non ci si affida a medici adeguatamente preparati sul tema, si rischia solo di fare danni ai figli. Poi dichiara di avere conosciuto il professor Lucio Moderato, trovando finalmente le giuste risposte.
Alcuni numeri aiutano a comprendere il fenomeno
Lucio Moderato è il direttore dei servizi innovativi per l’autismo della Fondazione Sacra Famiglia. Ha preso la parola dopo l’intervento di Elio. Ha spiegato che l’autismo è una condizione geneticamente determinata, non come si credeva fino a non molto tempo fa, quando erano accusate le mamme incapaci di amare i propri figli; le cosiddette “mamme frigorifero”. Negli anni settanta l’incidenza dell’autismo era uno a settantamila, quarant’anni dopo i numeri dicono che oggi una persona ogni settanta è autistica, con differenti gradi di funzionamento intellettivo, diverse capacità e disabilità. Il professore conclude dicendo che l’autismo non si deve curare, perché non è una malattia, ma prendersi cura tramite interventi di educazione e abilitazione.
Le diagnosi di autismo sono in aumento
In articolo su wired.it del giornalista scientifico Gianluca Dotti si apprende come le diagnosi di autismo siano in aumento controbilanciato dal calo di diagnosi di altri disturbi simili all’autismo. Un aumento dell’incidenza non imputabile ai vaccini. Le valutazioni statistiche di molte università, tra queste la Penn State in Pennsylvania, hanno riscontrato un incessante aumento di casi certificati dal 2000 ad oggi. In poco meno di venti anni si è passati dallo 0,3% all’1,5% di casi, con l’età di otto anni utilizzata come punto di riferimento. Nelle scuole è stato stimato che un bambino ogni sessantasei ha ricevuto una diagnosi di autismo, con una netta prevalenza nei soggetti maschi.
I motivi dell’aumento sono molteplici
A far lievitare i numeri contribuiscono, però, molti fattori. L’aumento è legato ad una maggiore consapevolezza del fenomeno da parte dei genitori. Inoltre, l’autismo include un ampio spettro di sintomi, una moltitudine di possibilità che vanno dai deficit nelle comunicazione alle difficoltà nell’interazione sociale. Il peso di questi sintomi è variabile, può partire da un disturbo lieve fino ai casi più gravi. Le diagnosi non sono basate su parametri clinici quantificabili; i ricercatori non sono riusciti a trovare aspetti genetici o neurologici che certifichino un sintomo univocamente associabile all’autismo. Le varie indagini cliniche, tra cui analisi del sangue e screening cerebrale, non permettono di stabilire la presenza del disturbo autistico. Molti passi avanti sono stati fatti, ma la diagnosi è legata ancora al buon senso, la soggettività e l’esperienza del medico che prende in carico il caso, utilizzando come parametri di valutazione quelli stilati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, i quali delineano una guida generale su che cosa s’intenda per autismo. Le linee guida variano di anno in anno, questo porta ancora i medici a giungere a diverse valutazioni su uno stesso caso. Non solo, con i criteri odierni bambini visitati dieci anni fa, oggi nel 60% dei casi riceverebbe una diagnosi di autismo. Quest’ultimo dato dice che è in atto una ri-catalogazione delle diagnosi, portando a diminuire le diagnosi di altri disturbi come il ritardo mentale, che giustificano l’aumento delle diagnosi di autismo per almeno due terzi. Studi recenti, infine, dimostrano un legame tra l’incidenza dell’autismo e l’età dei genitori. Dato che si rileva per l’aumento dell’età media della madre al momento del parto, per quanto riguarda l’Europa e gli Stati Uniti. Riguardo al padre, i dati non danno conferme in questo senso.
Una maggiore consapevolezza evita l’isolamento sociale
Dalle parole di Elio e i dati della ricerca si evince che una maggiore e dettagliata informazione sul fenomeno ha portato le persone ad avere una maggiore consapevolezza. Questo aiuta a comunicare meglio con l’esterno e a trovare i giusti canali per una condivisione che aiuti a eliminare i pregiudizi e per aiutare i genitori, non lasciandoli soli in una realtà che va affrontata con serenità, ma avendo a disposizione i giusti mezzi e gli aiuti necessari. Elio ribadisce come nella ricca e avanzata Lombardia i bambini autistici siano affidati esclusivamente alle loro famiglie, che devono prendersi carico di tutto: le spese per i trattamenti, la mancanza di inclusione, il problema per le prospettive del loro futuro. Una maggiore consapevolezza fortifica la diffusione del fenomeno e, per quello che riguarda l’Italia, le Regioni potrebbero migliorare molte norme in ambito sanitario.