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Dislessia: facciamo un po’ di chiarezza

La dislessia è un disturbo specifico della lettura. In particolare, essa rientra nella categoria dei disturbi dell’apprendimento (DSA), che comprende:

  • Disortografia: disturbo specifico di scrittura che non rispetta regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto. Consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto.
  • Disgrafia: disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici.
  • Discalculia: è il disturbo di manipolare i numeri, di eseguire i calcoli a mente, di compiere alcuni compiti aritmetici.

La dislessia riguarda la capacità di decodificare un testo scritto e si manifesta attraverso una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta. La dislessia è considerata un disturbo evolutivo; si può infatti notare una notevole difficoltà specialmente durante la scuola primaria, periodo in cui la dislessia si manifesta e in cui spesso avviene la diagnosi.

La dislessia può essere distinta in categorie, tra cui:

  • Dislessia superficiale: è determinata da una difficoltà del lettore nell’identificare le parole con un processo unitario – la via lessicale – e quindi dalla necessità di ricorrere ad una scomposizione sub-lessicale mediante la via fonologica. E’ contraddistinta da una lettura lenta e faticosa, frequenti errori nella lettura di parole polisillabiche e nelle parole con accento sdrucciolo (es. òrfano). Il bambino con dislessia superficiale molto spesso compie errori di sostituzione, di aggiunta o eliminazione di lettere.
  • Dislessia fonologica: è determinata da una ridotta capacità del lettore di utilizzare la via fonologica e del conseguente uso preferenziale della via lessicale. I bambini con questo tipo di dislessia hanno difficoltà con le parole a bassa frequenza d’uso o non conosciute, tenderanno ad essere più rapidi nella lettura ma comunque scorretti e leggeranno in modo adeguato parole note.
  • Dislessia mista: è di solito la più frequente. In essa sono presenti sintomi tipici della dislessia superficiale e fonologica.

Inoltre, sono stati individuati 3 tipi di gravità di dislessia:

  • Lieve: il disturbo comporta alcune difficoltà nelle abilità di apprendimento che coinvolgono una o più discipline scolastiche, con difficoltà lievi che il soggetto è in grado di compensare, utilizzando un metodo didattico e supporti compensativi durante la frequenza scolastica.
  • Moderata: il disturbo comporta marcate difficoltà nelle abilità di apprendimento che coinvolgono le discipline scolastiche. Il soggetto è in difficoltà con tale apprendimento durante la frequenza scolastica. Possono essere necessari alcuni adattamento e supporti compensativi a scuola e a casa, al fine di completare le proprie attività in modo efficiente.
  • Grave: il disturbo comporta evidenti difficoltà nell’apprendimento, le quali interessano quasi tutte le attività scolastiche. Ciò comporta che il soggetto, senza attività di potenziamento specifico ed individualizzato, è in forte difficoltà con l’apprendimento durante la frequenza scolastica. Nonostante l’uso di adattamento e supporti compensativi il soggetto non è in grado di completare le proprie attività in modo efficiente.

E’ bene sottolineare che la dislessia non riguarda le abilità di comprensione del testo scritto, poiché la difficoltà nella comprensione può essere un effetto secondario. La ridotta esposizione ai testi scritti, infatti, può impedire l’ampliamento del lessico e della conoscenza generale.

 

Come si sente il bambino/adolescente in difficoltà?

Soprattutto nei primi anni della scuola d’infanzia, il bambino dislessico si trova a far parte di un contesto scolastico nel quale gli vengono proposte attività didattiche che gli appaiono troppo complesse o in grado di non saperle fronteggiare. Si trova a rendersi conto che i suoi compagni sono in grado di risolvere con serenità i compiti assegnati ottenendo anche buoni risultati, mentre lui rimane indietro rispetto al programma, rimproverato dalle insegnanti perché “troppo pigro”. In questo modo, giorno dopo giorno, accresce nel bambino il senso di incapacità e di bassa autostima verso se stesso, poiché si sente meno capace degli altri e mette in atto meccanismi di sensi di colpa: si percepisce responsabile delle proprie incapacità e si considera inferiore al gruppo dei pari, credendo di aver deluso le aspettative di chi gli ruota intorno, genitori in primis. Così facendo, prendono vita quelli che vengono chiamati meccanismi di difesa: strategie comportamentali per non affrontare il problema. Questi non fanno che aumentare il senso di colpa, e talvolta anche l’aggressività verso i genitori.

Nonostante l’ambiente domestico sia considerato come un luogo sicuro, il ragazzo tende a sfociare la propria rabbia in particolare contro la figura materna, l’unica in grado di alleviare il suo senso di angoscia. Durante l’adolescenza, di solito, i comportamenti aggressivi e di rabbia vengono eliminati per fare spazio ad un senso di sconforto e di impotenza appresa: la convinzione per cui ci si arrende di fronte ad un problema perché il comportamento arrendevole ha preso il sopravvento. Comportamenti del genere rischiano di sfociare nell’abbandono scolastico e soprattutto in problematiche di carattere socio-emotive: gli adolescenti con dislessia mostrano molto spesso sintomi di ansia e depressione. Quest’ultima si manifesta proprio quando l’adolescente non riesce più a manifestare la propria rabbia su oggetti esterni e di conseguenza la indirizza contro se stesso. Nell’adolescente, quindi, la sofferenza maggiore è legata alla costruzione di un’immagine negativa di se stesso derivata dal trascorso scolastico infantile.

Spesso gli adulti, che siano insegnanti o genitori, attribuiscono i comportamenti del bambino dislessico ad una svogliatezza e ad uno scarso impegno scolastico. Il primo, vero errore commesso, infatti, è proprio quello di minimizzare e ignorare il problema: di conseguenza, informazioni scientifiche sulla diagnosi di dislessia ed una corretta diagnosi possono aiutare insegnanti e genitori ad una maggiore comprensione del problema. Una volta diagnosticato il disturbo, il docente dovrebbe aiutare il genitore ad intraprendere un percorso di approfondimento specialistico ad opera di professionisti del mestiere, al fine di adottare da subito attività e strategie mirate per ridurre l’impatto del problema e facilitare i percorso scolastico. In questo modo, è utile permettere al bambino di seguire attività personalizzate invece di insistere sulla necessità di apprendere come prevede il normale regolamento scolastico.

 

Diagnosi di dislessia e strumenti di valutazione

La diagnosi di dislessia è fondamentale per genitori ed insegnanti al fine di comprendere le strategie adatte ed il trattamento da adottare per il bambino dislessico. Per fare la diagnosi di dislessia ci si serve di due punti di riferimento molto importanti: DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), e delle “Raccomandazioni per la pratica clinica definite col metodo della Consensus Conference” del 2007. Prima di qualsiasi diagnosi di dislessia è necessario approfondire l’intelligenza generale attraverso alcuni test come la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC-IV). Una volta individuato il QI, si può procedere a somministrare batterie di test specifiche volte ad evidenziare le caratteristiche degli apprendimenti.

Le prove maggiormente utilizzate sono prove di lettura di brano e prove di comprensione di un testo. Possiamo individuare alcuni test molto importanti che certificano la diagnosi di dislessia, tra cui:

  • Prove MT-3: valutano la lettura in tutte le classi della scuola primaria e secondaria di primo grado
  • DDE-2: è una batteria di test che valuta sia dislessia che disortorgafia. E’ composta da prove riguardanti la lettura di liste di parole, utile per valutare la lettura lessicale

E’ importante sapere che un mancato riconoscimento della dislessia può portare con se ripercussioni emotive, sociali ed anche relazionali. Sia il genitore che l’insegnante non dovranno quindi sottovalutare eventuali difficoltà presenti nella lettura sin dai primi anni della scuola elementare. Come qualsiasi altra problematica, uno sguardo ed una lettura del problema attenti è un importante strumento per ridurre – ed evitare – disagi nella natura psicologica ed emotiva del bambino.

 

Riferimenti bibliografici

Stella, G. (2004). La dislessia. Bologna: Il Mulino

Biancardi, A., Milano, G. (1999). Quando un bambino non sa leggere. Milano: Rizzoli

Meazzini, P. (2002). La lettura negata ovvero la dislessia ed i suoi miti. Milano: FrancoAngeli