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La validità del sistema educativo nelle scuole vacilla

Leggendo l’articolo “Scuola, la lezione frontale? Non serve, è superata” si apprende che il tema sulla validità della lezione frontale nelle scuole è stato affrontato recentemente. Un convegno, patrocinato dal Comune di Milano, e organizzato dal Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, si è tenuto al Teatro Carcano nel capoluogo lombardo. L’evento ha registrato il tutto esaurito, e in platea c’erano i diretti interessati ad ascoltare, ossia oltre mille insegnati di ogni ordine e grado: docenti della scuola primaria, secondaria, educatori della scuola dell’infanzia, dirigenti scolastici. I partecipanti provenivano dal Nord Italia, ma questo non esclude che in futuro si potranno tenere convegni sul tema anche nel resto della Penisola. Il pedagogista Daniele Novara, uno dei più grandi critici del sistema educativo nelle scuole italiane, ha dichiarato: “La lezione frontale, su cui si basa ancora il nostro sistema scolastico, si fonda su una grande illusione: gli alunni devono ascoltare”.

Tutte le ricerche neuroscientifiche, in merito alle aree dell’apprendimento, hanno dimostrato che bambini e ragazzi comprendono dall’imitazione, grazie all’attivazione dei neuroni specchio, dall’interazione sociale con i coetanei e dall’esperienza diretta. Il bagaglio di conoscenze acquisite con questa metodologia permette di imparare ad affrontare i problemi. Le dinamiche psicoevolutive e le attivazioni neurocerebrali, dimostrano con forza che l’apprendimento tramite la lezione frontale è molto complicato, se non addirittura impossibile. Il sistema scolastico italiano è tuttora prigioniero dell’istruzione basata sulla lettura e spiegazione di un testo. Classi con i banchi ancora disposti su due file, dove gli alunni si trovano seduti con in testa un senso di costrizione. Lezioni con docenti che spiegano in un clima di coinvolgimento artificiale del corpo studentesco, di cui si può sintetizzare il pensiero generale con una frase: “Professore, ti ascolto perché devo, quello che dici non attira la mia attenzione”. Un metodo, quello della lezione frontale, che rileva i risultati con la tecnica della “risposta esatta”; quiz e test sterili che minano alla radice le potenzialità di un ragazzo.

 

Le innovazioni della tecnologia digitale non hanno portato progressi

Negli ultimi anni, programmi e investimenti sono stati tutti indirizzati alla tecnologia. Questa cieca fiducia, è scaturita dalla convinzione che l’introduzione di mezzi didattici innovativi avrebbero risollevato la motivazione, e l’interesse, nelle nuove generazioni. Invece la nuova cura è risultata controproducente, andando a peggiorare la situazione. Il digitale crea dipendenza da stimoli visivi e interattivi. Questa comporta una graduale diminuzione d’interesse nei confronti della realtà, indebolendo pericolosamente la capacità d’attenzione. Imparare a leggere e scrivere, comporta l’inizio di un riconoscimento delle lettere in base a linee, curve, spazi vuoti. Insieme a questo, si attiva un processo di apprendimento tattile in cui vengono coinvolti la vista e il tatto, permettendo la strutturazione di fondamentali circuiti cerebrali dedicati alla lettura. Tali circuiti si attivano solo grazie alla scrittura a mano, non digitando lettere su una tastiera. Inoltre, la motricità che si sviluppa nella scrittura, aiuta anche le capacità mnemoniche. Scrivere a mano rende più creativi e stimola lo spirito critico.

La tecnologia dovrebbe restare confinata in ambito di utilizzo collettivo e che stimoli l’interazione sociale, usare a gruppi due o tre computer per classe, ad esempio. Novara suggerisce innovativi sistemi pedagogici, per sdoganarsi dagli obsoleti sistemi di insegnamento di cui la scuola italiana è rimasta prigioniera. Il noto pedagogista ha elaborato un nuovo modello di riferimento metodologico, sintetizzato in tre sostantivi: azione, opportunità, osmosi sociale. Si apprende facendo gruppo, seguendo precise condizioni procedurali:

– Uno sviluppo concreto del dialogo, in modo da generare domande e risposte

– Proporre e costituire esperienze

– Attivare riconnessioni e scoperte

– Utilizzare di nuovo, in momenti e contesti differenti, ciò che si è appreso

La scuola deve riuscire a creare situazioni di stimolo aperte, in modo di riuscire ad intercettare le peculiarità di ogni studente e così motivarlo nella giusta direzione. La scuola dovrebbe essere un luogo del sapere dove i ragazzi siano felici di andare, perché potranno vivere una socialità sana e coinvolgente. Imparare per la gioia di farlo, essendo protagonisti della propria crescita e non passivi ascoltatori dietro un banco.

 

La lezione frontale richiede capacità di attenzione non sostenibili

Novara afferma come le ricerche neuroscientifiche dimostrino che, le lezioni frontali, siano ardue da seguire per gli adulti, immaginarsi, quindi, per dei bambini o dei ragazzi. L’attenzione è selettiva, cioè sceglie di cogliere degli stimoli e ignorarne altri, in luce del fatto che il cervello è letteralmente bombardato contemporaneamente da continue esortazioni. L’attenzione selettiva si sviluppa molto presto nei bambini, crescendo imparano a gestirla coscientemente e nell’adolescenza sviluppano una maggiore capacità di concentrazione. La massima capacità di attenzione si registra tra i diciotto e i ventisei anni, per un massimo di quarantacinque minuti di tempo. E in una lezione frontale, in una classe, il picco di attenzione raggiunge i dieci minuti, quindi subisce un calo per circa venti minuti, per poi risalire dopo mezz’ora dall’inizio della spiegazione. Ci sono da considerare, inoltre, i molteplici fattori di disturbo che possono influenzare la lezione frontale, e ne decretano l’inefficienza, tanto che, dopo cinquanta minuti di spiegazione, è normale che gli studenti adottino la tecnica dello sguardo catatonico: concentrarsi sull’insegnante senza prestargli minimante l’ascolto.

L’interazione sociale è dunque il percorso educativo migliore. Si apprende insieme ai coetanei, agendo di concerto e confrontandosi in esperienze dove la pratica viaggia di pari passo con la teoria, se non addirittura prima. L’esperienza comune stimola più di ogni lezione in cui è un solo adulto a parlare. Ascoltare queste cose può generare più di qualche apprensione, in chi è cresciuto a pane e lezioni frontali. Si potrebbe obiettare che i vecchi maestri sapevano eccome dare gli insegnamenti. Ma i tempi sono cambiati, ed effettivamente la scuola non vive in un buonoi stato di salute, dal punto di vista della didattica. I ragazzi cercano di prendere il bel voto per non avere problemi a casa, e non perché spinti dalla curiosità. Non riguarda tutti, è ovvio, ma buona parte dei giovani risulta disinteressata a quello che il mondo degli insegnanti ha da dire loro. I frequenti casi di bullismo nei confronti dei docenti, l’abbandono scolastico, la denigrazione della cultura, non solo segnali di tensioni sociali, ma anche di una incapacità della scuola a comunicare con i giovani.