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Il difficile rapporto tra arte e psicologia

Le vicende di Franz Xaver Messerschmidt, scultore tedesco del Settecento, sono state assunte dalla critica come uno dei migliori esempi delle difficoltà che si incontrano nello studio di un artista e della sua opera quando questa si lega a doppio filo con l’insanità mentale. Negli ultimi tredici anni della sua vita Franz scolpisce 69 busti, noti come “teste di carattere”, che presentano varie smorfie e espressioni facciali. Questi volti realizzati riproducendo le deformazioni del suo viso riflesso in uno specchio incuriosiscono ancora oggi, perché richiamano interrogativi spinosi sul rapporto che esiste tra disturbi psichici e produzione artistica. Non solo, l’opera di Messerschmidt induce a riflettere sulla validità dell’applicazione degli schemi psicanalitici all’ambito artistico-creativo. La riproduzione ossessiva del suo viso è stata interpretata come il tentativo da parte dello scultore di recuperare la percezione della realtà e della sua identità che stava pian piano perdendo con l’aggravarsi del suo stato di dissociazione mentale. E come troppo spesso accade, la lettura dell’opera di un artista tramite la griglia dei principi psicoanalitici rischia di ridurre tutto ad un risultato passivo dei processi inconsci deviati.

Franz Xaver Messerschmidt nasce nel 1736 e a 16 anni si reca a Vienna per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Dopo importanti commissioni per la famiglia reale e per l’alta nobiltà austriaca nel 1769 ottiene la carica di insegnante aggiunto, ma la promettente carriera si interrompe nel 1774 quando gli viene negata la nomina a professore titolare. Il diniego viene motivato dal ministro austriaco Kaunitz con una confusione mentale che minava il suo ruolo, ma non di certo la sua arte di cui viene riconosciuto il grande valore. I primi sintomi del disagio psichico (instabilità e manie di persecuzione) condannano così la carriera accademica dello scultore. Messerschmidt lascia Vienna per trasferirsi nell’odierna Bratislava, dove nel 1781 riceve la visita dello scrittore tedesco Friedrich Nicolai.

Le “teste di carattere”

Il resoconto dell’incontro si trova nel volume “Descrizione del viaggio in Germania e in Svizzera” (1781), dove si racconta che Franz vive in un’apparente solitudine. L’artista crede infatti nell’esistenza degli spiriti e la sua capacità di vederli è ricondotta alla sua castità (in questi anni si pensa che solo le persone pure siano in grado di vedere l’invisibile). Franz racconta a Nicolai che gli spiriti sono particolarmente insolenti e dispettosi e che il più molesto è lo Spirito delle Proporzioni che si diverte a tormentarlo. Queste punizioni gli sono inflitte perché lo scultore è colpevole di aver scoperto i segreti della teoria delle proporzioni. Lo Spirito, geloso di lui, gli provoca forti dolori in varie parti del corpo. Da questa persecuzione nasce la produzione plastica delle cosiddette “teste di carattere”, perché Messerschmidt capisce che scolpire e dare dunque forma ai dolori provocati può essere un valido rimedio alle vessazioni. Le teste si caricano dunque di un valore che possiamo definire apotropaico, perché  sono considerate dal loro creatore capaci di respingere o almeno limitare il potere dello Spirito.

Foto serie di busti

Durante l’incontro Nicolai ha l’onore di assistere al processo creativo che descrive prontamente: l’artista, una volta posizionatosi davanti a uno specchio, si pizzica in un punto e fissa le smorfie che assume il suo volto, per poi riprodurle facendo particolare attenzione alle proporzioni. Messerschmidt aveva cominciato la celebre serie intorno al 1770, ma il numero maggiore di teste (57) è stato scolpito nel periodo di Bratislava, tra il 1777 e 1783. Sappiamo che alla sua morte Franz ha lasciato 69 busti, sebbene oggi se ne conservino solo 49. Per lungo tempo questa fetta della sua produzione è stata erroneamente considerata come frutto di studi sulla fisiognomica, dunque sul carattere e sulle passioni umane. Ma dalla seconda metà dell’Ottocento studiosi di vario genere si sono impegnati in studi e tentativi di interpretazione molto più accurati.

L’interpretazione di Ernst Kris

La lettura più attenta risale al 1932 e si deve allo storico dell’arte e psicoanalista Ernst Kris. Questi è autore di un ampio studio dal quale ha ricavato un articolo dal titolo “Ein geisteskranker Bildhauer” (Uno scultore malato di mente). Servendosi del resoconto di Nicolai e di altre testimonianze note attraverso la memorialistica e le fonti epistolari, Kris analizza le vicende di Messerschmidt sia da un lato storico-artistico che medico cercando di spiegare i disturbi che trovano il riflesso sintomatico nella realizzazione ossessiva dei busti. Per Kris lo scultore era affetto da una psicosi con tendenze paranoidi riconducibili alla schizofrenia e i dolori inflitti dagli spiriti sarebbero da considerare come conseguenze dell’autolesionismo di Franz. In quest’ottica generale le teste costituiscono i sintomi del delirio paranoico ma anche il processo di auto guarigione. Seguendo il procedimento artistico descritto da Nicolai si comprende come l’artista si liberi della presenza del demone grazie alla realizzazione dell’opera con cui rende tangibile i propri impulsi inconsci esorcizzando il male che lo affligge.

Lo psicanalista viennese, in base a quanto dice Nicolai circa i forti dolori inflitti all’artista nel basso ventre proprio mentre scolpiva, individua e afferma l’esistenza in Messerschmidt di una forte relazione tra impulso sessuale e produzione artistica. In quest’ottica Kris ritiene un simbolo del rifiuto dell’intimità le labbra fortemente serrate delle due “teste a becco”, in cui le ossa e i muscoli facciali sono compressi e protesi in avanti. Come riporta Nicolai queste per Messerschmidt erano il ritratto dello Spirito delle Proporzioni. La diagnosi psicologica di Kris si è detto che si basa sulla testimonianza diretta dei comportamenti patologici di Franz registrati da Nicolai, che aveva incontrato lo scultore nel 1781. Pur restando un saggio ancora centrale nello studio dell’opera di Messerschmidt non tutta la comunità scientifica condivide queste teorie, ritenute oggi più che discutibili.  Le “teste di carattere” sono davvero solo l’espressione della mente malata dello scultore?

Testa a becco

Autoritratto

Riferimenti bibliografici

 (a cura di) M. Potzl-Malikova – G. Scherf (2010). Franz Xaver Messerschmidt. Milano : Officina Libraria.

 Kris (1993). La smorfia della follia. I busti fisiognomici di Franz Xaver Messerschmidt. Padova: Il Poligrafo.

 

Immagini

Autoritratto , s.d.

Foto serie di busti

Testa a becco, s.d.