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Stalking femminile: un fenomeno in crescita

Un uomo, dopo una breve frequentazione con la sua compagna, decide di porre fine alla relazione, ma la donna non accetta. Inizia a perseguitarlo, con appostamenti, continui messaggi ed infinite telefonate, fino a bucargli ripetutamente le ruote della sua auto. Lui crede che presto l’ex compagna possa dar fine ai suoi comportamenti assillanti e non la ritiene capace di procurargli del male. Nonostante i continui rifiuti, lei chiede un ultimo incontro di scuse, perché bisognosa di un confronto. Lui accetta ed è lì che si compie una tragedia: la donna scaglia l’acido sul volto dell’ex compagno, procurandogli una gravissima ustione che lo segnerà per sempre.

Questa è una delle tante vicende che fa sempre più parte della nostra cronaca quotidiana: lo stalking.

Ad oggi, è noto che il tema della violenza ha raggiunto numeri incredibili di diffusione. Quando un “persecutore” irrompe in maniera ripetitiva, indesiderata e distruttiva nella vita privata di un individuo, con gravi conseguenze fisiche e psicologiche, si parla di “stalking”. Deriva dall’inglese “to stalk”, ossia “fare la posta, pedinare, braccare” la vittima con vere e proprie “molestie assillanti”.

Nello stalking, sono presenti tre importanti fattori:

  • Un molestatore (stalker);
  • Una vittima (stalking victim);
  • Una serie di comportamenti intrusivi ripetuti nel tempo.

Si ritiene che il molestatore sia principalmente di sesso maschile, nei confronti di una donna, spesso considerata dagli stereotipi della società più debole, meno pericolosa ed incapace di compiere violenza. E se invece lo stalker fosse donna? Anche le donne possono compiere una vera e propria campagna di stalking. La relazione, sempre più ossessiva, si trasforma per le vittime in un incubo emotivo, con conseguenze sul piano personale e professionale. In questi scenari, risulta fondamentale attivare un sostegno psicologico, legale e sociale, affinché la vittima ristabilisca il proprio equilibrio psicofisico.

 

Profili e modalità di comportamento

A seconda delle motivazioni dominanti e del contesto nel quale il persecutore agisce, esistono diverse tipologie di stalker:

  • Il “cercatore di intimità” tenta di costruire ad ogni costo una relazione di amicizia o di amore con una persona idealizzata, per colmare il senso di solitudine e la mancanza di una relazione affettiva e fisica stabile. Nonostante i rifiuti da parte della vittima, questo tipo di stalker continua imperterrito con il suo approccio.
  • Il “respinto” perseguita la vittima nel momento in cui viene lasciato. Con i suoi comportamenti assillanti, tenta di mantenere il legame, anche se disfunzionale. Si tratta di stalker più pericolosi perché possono passare alla violenza fisica.
  • Il “risentito” vuole vendicarsi perché ritiene di essere stato danneggiato, a volte anche scegliendo casualmente la sua vittima. Mette in atto una serie di “punizioni”, considerate necessarie per “combattere” qualcuno di più forte.
  • Il “predatore” è uno stalker principalmente di sesso maschile, che vuole ottenere a tutti i costi un rapporto sessuale con la vittima, per il loro senso di sadica superiorità psicologica.
  • Il “corteggiatore incompetente” è incapace di entrare in sintonia con la persona desiderata, trae poca soddisfazione ed è per questo che tende a cercare più vittime da “colpire” o comunque a far durare molto meno i suoi comportamenti assillanti.

Lo stalker compie una serie di comportamenti persecutori, in completa autonomia oppure rivolgendosi ad amici, parenti o anche agenzie investigative, spesso nascondendo il reale obiettivo:

  • Comunicazioni indesiderate, come telefonate, e-mail, biglietti, scritte sui muri, ecc., che possono riguardare la vittima o anche gli amici, i colleghi e i parenti.
  • Contatti indesiderati, come pedinare la vittima, appostarsi sotto casa o nel luogo di lavoro, per avvicinarla ad ogni costo.
  • Altri comportamenti, quali servizi a nome della vittima, l’invio di doni, annunci pubblicitari, minacce e aggressioni.

La nostra legislazione prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chi, «con condotte reiterate, minaccia o molesta un’altra persona, in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria» o di persona vicina, costringendo «lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita» (Legge 23 Aprile 2009, n° 38, art. 612 bis c.p. “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”).

 

Ricerche e possibili risvolti

Dalle diverse ricerche è emerso che lo stalking femminile, ovvero perpetrato da parte di una donna è meno diffuso. La donna, nella sua campagna persecutoria, tende a “selezionare” preferibilmente persone conosciute, con la stessa probabilità di molestare sia il genere maschile sia quello femminile. Inoltre, a differenza degli uomini, quando lo stalker è donna prevale, rispetto alle minacce ed aggressioni fisiche, una propensione al contatto con la vittima (messaggi, telefonate, approcci vari), che si protrae per un tempo maggiore. Esse, infatti, mostrano un’aggressività più “segreta”: rubano gli oggetti della vittima, si intromettono nella vita lavorativa ed eventualmente anche affettiva, distruggono i suoi beni. In questo modo, esprimono le loro emozioni negative e tentano di ottenere il controllo all’interno della relazione. Una percentuale di donne stalker registra patologie mentali quali disturbo depressivo, disturbo d’ansia, disturbo delirante e schizofrenia, disturbo post traumatico da stress e tra i disturbi di personalità spiccano quello borderline, narcisistico o dipendente. È importante però sottolineare che lo stalker, e il violento in generale, non appartengono necessariamente ad una categoria diagnostica. La psicopatologia, infatti, non è una condizione onnipresente. In questi scenari di vera e propria persecuzione, la vittima può provare intense emozioni come paura, ansia, sensi di colpa e di impotenza, vergogna, rabbia, disturbi del sonno, reazioni depressive ed alcune volte anche ideazioni suicidarie.

Possono, inoltre, subentrare abuso di alcol o droghe, insonnia e disturbi dell’appetito, creando un forte impatto sulla vita professionale e sociale della persona. È fondamentale sostenere la vittima, soprattutto nei casi in cui i comportamenti persecutori risultano violenti e distruttivi. Fornire un sostegno legale e psicologico che aiuti la persona vittima di stalking ad affrontare il fenomeno ed a mettere in atto misure preventive, per tutelarsi. Si cerca il più possibile di creare una rete sociale, a cui può far riferimento. Oltre alla legislazione, alle Forze dell’Ordine ed a tutti i professionisti che operano nell’ambito della violenza, per combattere il fenomeno, occorre diffondere prima di tutto una cultura preventiva, nei diversi contesti lavorativi e scolastici: informare, sensibilizzare ed anche formare le persone all’affettività, a quei comportamenti che vanno promossi, a discapito di quelli da punire, partendo dal gruppo dei pari, affinché ognuno impari a salvaguardare ed a tutelare i diritti ed i doveri propri e dell’altro.

 

 

Riferimenti bibliografici

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Gargiullo, B. & Damiani, R. (2008). Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato. Classificazione, assessment e profili psicocomportamentali. Milano: Franco Angeli.

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Mullen, P. E., Pathé, M. & Purcell, R. (2009). Stalkers and their victims. New York: Cambridge University Press.

Pomilla, A., D’Argenio, A. & Mastronardi, V. (2012). Stalking: considerazioni clinico-criminologiche tramite i risultati di un contributo di ricerca. Rivista di Psichiatria, 47 (4), 46-51.

Wigman, S. A. (2009). Male victims of former-intimate stalking: A selected review. International Journal of Men’s Health, 8 (2), 101-115.