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Un fenomeno in espansione

In questi ultimi 50 anni, in seguito alla globalizzazione e all’abbattimento dei confini tra Paesi, sono tantissimi gli stranieri, uomini, donne e bambini, che fuggono dalla loro terra e, in cerca di un futuro migliore, vengono a vivere in Italia. Si tratta di cittadini provenienti da realtà anche molto lontane dalla nostra che, con il tempo, si stabilizzano in una città italiana e creano una famiglia “mista”. Sono, infatti, sempre più in aumento le unioni tra un cittadino autoctono, quindi italiano, ed uno straniero. La coppia che si crea deve affrontare una serie di diversità circa la cultura, la lingua, la religione, il sistema giuridico di tutela, ed in presenza di figli, anche le scelte in materia di educazione, adesione ad una religione, istruzione, ecc. Non sempre i due partner riescono a combinare queste differenze, con il rischio di continui scontri senza via d’uscita, in cui restano coinvolti purtroppo anche i minori.

In questi scenari di odio e conflittualità tra i partner, è sempre più frequente che un genitore, spesso quello straniero, decida di fuggire oltre frontiera con la propria prole, come gesto di rivalsa nei confronti dell’altro o per la paura di non sentirsi tutelato, in Italia, durante il procedimento di separazione ed affidamento del minore. Dunque, si sta espandendo sempre di più il cosiddetto fenomeno del Legal Kidnapping o Child Abduction, ovvero il trasferimento/trattenimento illecito di un minore, una vera e propria sottrazione internazionale di persona. È il minore a vivere un evento fortemente traumatico, in quanto non solo viene sradicato dal contesto di vita abituale, ma perde anche il suo diritto alla bigenitorialità ed alla necessità di mantenere rapporti stabili e duraturi con entrambe le figure genitoriali (si veda, al riguardo, la legge 8 Febbraio 2006, n. 54 recante “disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”). È proprio in queste situazioni che è fondamentale una cooperazione a livello internazionale, ossia l’impegno di tutti gli Stati a mettere in atto strumenti giuridici concreti, per contrastare il fenomeno e tutelare il bene di ogni minore.

 

I bambini contesi

Quando il genitore straniero decide, volontariamente, unilateralmente e senza alcun consenso da parte dell’altro, di fuggire con il proprio figlio e di lasciare l’Italia alla ricerca di uno Stato che gli garantisca una situazione favorevole in materia di custodia (cd “forum shopping”), è il bambino a subire una vera e propria violenza intrafamiliare. È costretto, infatti, a vivere una serie di turbamenti improvvisi, tali da allontanarlo dalla sua realtà scolastica, socio-relazionale e da ogni legame significativo. Deve vivere con il suo “rapitore” in un nuovo Stato, in cui si sente estraneo e disorientato, non conosce la lingua ed è lontano dall’altro genitore, con cui perde ogni contatto. Il suo dolore ed il suo senso di angoscia aumentano sempre di più ed è forte il desiderio di ricomporre il nucleo familiare.

In seguito alla sottrazione internazionale, il minore può avere una serie di reazioni:

  • “da adattamento e sradicamento”. Si tratta della forma reattiva più comune, che si verifica nei primi mesi di soggiorno nella nuova città di accoglienza. Il bambino si sente spaesato, prova ansia, depressione e difficoltà di orientamento nelle scelte.
  • “psicosomatiche”, ovvero manifestazioni corporee come risposta al malessere emotivo, e più nello specifico, di tipo dermatologico e gastrointestinale.
  • di “situatività nostalgica”, ossia la forte presenza di pensieri e sentimenti nostalgici (stupore melanconico, mutismo, negativismo e spunti deliranti).
  • “quadri psicotici”. Si tratta di stati confusionali improvvisi, che possono dar vita a forme allucinatorie e depressive atipiche, nonché a sviluppi deliranti.

Dunque, a causa dello sradicamento violento dal proprio contesto di appartenenza, il minore può vivere un grave danno psicologico, con conseguente perdita di sicurezza, autostima e identità.

 

Possibili interventi e risvolti

Cosa, e, soprattutto, come si può intervenire per proteggere i minori dalle conseguenze del trasferimento illecito in uno Stato diverso da quello di residenza abituale? Già da anni, per contrastare il fenomeno sono state stipulate importanti convenzioni internazionali. Una di queste è la Convenzione de L’Aja del 25 Ottobre 1980 (entrata in vigore in Italia il 1° Maggio 1995), che ha lo scopo di assicurare l’immediato rientro del minore illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato contraente, prescindendo da qualsiasi decisione in tema di affidamento. Viceversa, la Convenzione di Lussemburgo (“Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento”), aperta alla firma il 20 Maggio 1980 ed entrata in vigore in Italia dal 1° giugno 1995, fa prevalere la necessità di riconoscere e dare esecuzione alle decisioni in materia di affidamento dei minori, anche nelle ipotesi in cui non ci sia stata sottrazione arbitraria del minore.

In conclusione, oltre all’importanza di appellarsi alle disposizioni dei predetti trattati internazionali, sottoscritti per un’adeguata protezione del minore, è altresì fondamentale che gli stessi genitori operino oltre il conflitto coniugale e riescano a mettersi nei panni dei loro bambini, “schiavi” di un destino che devono subire, per non averlo scelto. In questi casi, quindi, spetta agli adulti mediare tra le necessità di ognuno, andare oltre gli egoismi ed opportunismi della coppia e trovare il miglior compromesso possibile nell’interesse del minore. Qualora, invece, ciò non fosse possibile per l’immaturità o incapacità dei genitori, ad intervenire sarà il Tribunale per i Minorenni, con l’auspicio che la decisione del giudice aiuti concretamente il bambino a non sentirsi più “trasparente”, conteso e sottratto dal proprio genitore.

 

 

Riferimenti bibliografici

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Vegetti Finzi, S. (2005). Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli. Milano: Mondadori.