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Psicologia di un hater: cosa c’è dietro l’odio su Facebook?

“La trappola dell’odio è che ci lega troppo strettamente all’avversario”-  Milan Kundera

Il termine “hater” è di origine anglosassone e può essere tradotto in italiano con “odiatore”. Gli haters rappresentano un tipo di utenti che si stanno diffondendo online in maniera sempre più ampia e negativa. Un popolo nascosto dietro ad un PC, che, ad esempio, appoggia il carnefice quando una donna è uccisa o violentata, si scaglia contro l’immigrazione suggerendo una strage di massa, insulta e denigra l’orientamento sessuale dell’altro. Internet è popolato da milioni di haters, senza distinzioni di sesso: si parla di giovani, adulti, uomini o donne che scatenano, quasi sempre sotto falso profilo, il loro odio verso altri componenti della società. I social network e le chat sono diventati i luoghi in cui liberarsi delle proprie dinamiche psicologiche, soprattutto quelle pesanti e difficili da gestire o ammettere. Perché queste persone passano la maggior parte del loro tempo a scrivere cattiverie nei confronti del prossimo? Perché gli haters si stanno diffondendo?

L’internet hater è, di solito, chi cerca di emergere dalla massa esprimendo il proprio parere che va controcorrente; attraverso insulti e minacce, alimentano i pregiudizi e le disuguaglianze presenti nella nostra società. I social, ad esempio Facebook, sono diventati una di carta d’identità: bastano poche foto, pochi link per far capire agli altri chi siamo, quali sono le nostre abitudini e preferenze. Sono allo stesso tempo un luogo pericoloso, un mondo oscuro in cui sconosciuti provenienti dal nulla scatenano il proprio odio e le proprie cattiverie nei confronti di chi non condivide la loro stessa linea di pensiero, attraverso atti di cyberbullismo o di vera e propria persecuzione. Gli haters sono odiatori: odiano, e di conseguenza sono odiati da chi legge i loro commenti carichi di cattiveria.

Che cosa spinge un individuo a diventare un odiatore?

Sono diversi i motivi che spingono una persona a diffondere online la propria frustrazione. Prima di tutto, abbiamo una sensazione di impotenza che la persona prova nella vita reale. Molto spesso si tratta di soggetti che nel loro contesto familiare e sociale hanno un diritto di parola e di replica limitato. Si sentono, per questo, di non avere potere decisionale nella vita reale, mentre online si credono rivestiti da questo senso di onnipotenza in cui sono liberi di esprimere tutto ciò che provano senza che si applichino restrizioni di alcun tipo.

Queste persone non fanno altro che attaccare soggetti “deboli”, che non devono essere necessariamente famosi, ma che semplicemente non rispondono, lasciando loro la libertà di dare sfogo ai disagi fino a quel momento repressi. Altri invece insultano per il puro divertimento di farlo; non hanno motivazioni intrinseche, lo considerano un passatempo; insultano e denigrano per ammazzare la monotonia e realizzare una “guerra tra poveri” in cui ognuno insorge per dire la sua. Abbiamo, poi, gli egocentrici: usano mezzi e modalità spietati per farsi notare dagli altri, credono che andare controcorrente generi notorietà, nel bene o nel male. È sufficiente un semplice commento negativo per far sì che attraverso risposte, o like, si emerga tra tutti gli altri.

Insultare come fonte di gratificazione

Gli hater seguono un principio fondamentale: più se ne parla, meglio è. È proprio per questo che le tematiche oggetto di odio variano; spesso sono i personaggi più famosi sul web, i politici, gli omosessuali, ed i soggetti considerati “prede” ad essere bullizzati e denigrati dagli haters. Distruggerli ed annientarli psicologicamente aumenta il loro ego e la voglia di insultarli cresce sempre di più, sentendosi appagati e soddisfatti una volta aver premuto il tasto “invio” del loro smartphone.

Più è violento l’attacco, maggiore sarà la soddisfazione personale provata. Per gli haters, essere presi in considerazione ed essere sicuri di aver scatenato la rabbia altrui è il massimo della gratificazione, poiché hanno vinto; hanno raggiunto il loro obiettivo egregiamente: aver fatto arrabbiare un altro individuo ed aver scatenato la sua reazione. Ogni hater, poi, avrà il suo periodo di attacco: possiamo avere odiatori che insultano con cadenza quotidiana un soggetto che hanno preso di mira, mentre altri agiscono in maniera casuale, insultano chi vogliono quando lo vogliono, senza una continuità periodica particolare. L’importante è che la rabbia e la frustrazione siano sfogati sul web, e che il loro senso di odio verso il mondo sia appagato facendo del male ad altri.

Combattere gli haters

Internet nasce come simbolo di libertà di pensiero e di espressione, per questo combattere l’odio online è complicato e difficile. Tuttavia, a livello legale, si può agire penalmente presentando tutte le prove alle autorità giudiziarie di competenza. A livello emotivo, invece, una strategia può essere quella di non reagire alla provocazione poiché con gli haters non c’è alcuna possibilità di costruire un dialogo sano basato sullo scambio di opinioni costruttive. Ogni tentativo di comunicazione sarà manipolato in modo tale che l’hater risulti comunque vincitore.

L’odio online è sempre il prodotto di disturbi o disagi personali: una sorta di violenza senza l’esposizione fisica e, soprattutto, senza il mettersi in gioco in prima persona. Sarebbe utile, sin dall’infanzia, insegnare ad avere un rapporto sano con il mondo dei social network per non utilizzarli come bacini in cui svuotare il proprio bagaglio di frustrazione. E soprattutto, tramandare la necessità di una comunicazione sana e diretta ben collegata all’importanza e al peso delle proprie azioni nei confronti del prossimo.

Scritto con la gentile collaborazione di Veronica Pacifici, studentessa in Scienze e Tecniche Psicologiche

 

Riferimenti bibliografici

Grandi M. (2017). Far web. Odio, bufale, bullismo. Il lato oscuro dei social, Milano: Rizzoli Ed.

A.A.V.V. (2009). Bullying and Cyberbulling in Adolescence, Roma: Carocci Ed.