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Teoria social-cognitiva e crimine  

La natura psicologica e sociale degli autori di reato a sfondo sessuale ha ricevuto diverse interpretazioni nell’arco degli anni. Lo studioso che maggiormente si è avvicinato alla comprensione sociale e psicologica del fenomeno è Albert Bandura, il quale, attraverso la teoria social-cognitiva spiega da un punto di vista interattivo e multifattoriale il cosi detto influenzamento triadico reciproco delle tre componenti fondamentali nella natura dell’uomo. Queste componenti sono infatti l’ambiente fisico e sociale dell’individuo, il pensiero e la cognizione, il comportamento. Ognuno di noi deriva dall’interazione di queste componenti che interagendo fra loro comportano un dato comportamento o acting.

Nello specifico della devianza e delle teorie criminologiche è possibile applicare tale concetto facendo riferimento a coloro i quali vivono o hanno vissuto tali fattori sovra citati in maniera disfunzionale. Infatti i medesimi possono essere etichettati come fattori di rischio  o fattori protettivi. Nello specifico dei fattori di rischio, caso di nostro interesse, si parlerà di appartenenza ad un ambiente fisico e sociale sfavorevole, ad esempio un basso livello socio-economico, la scarsa istruzione, la disoccupazione, l’ambiente criminogeno, violenze o abusi familiari.

Per quanto riguarda la cognizione e il pensiero l’individuo potrebbe costruirsi delle sovra strutture che possano giustificare azioni definite negativamente dalla società per sentire meno il peso dello stigma. Infine rispetto al comportamento, le sovra strutture comportano il passaggio all’atto, eliminando i filtri che impedirebbero il compimento dell’azione.

Disimpegno morale

Le sovra-strutture dei sex offender sono definibili anche come tecniche di neutralizzazione (Sykes & Matza, 1957) o disimpegno morale come  descritto da Bandura (1996). Nello specifico della teoria di Bandura, egli identifica otto meccanismi di disimpegno che garantiscono all’individuo un disinvestimento circa determinati comportamenti definiti immorali dal contesto sociale:

  1. Giustificazione morale: si fa appello a fini superiori per mettere in ombra l’immoralità della condotta agita
  2. Etichettamento eufemistico: può consentire di ridimensionare la dolorosità delle conseguenze producendo una distorsione concettuale del vero significato dell’azione che risulta così mascherato
  3. Confronto vantaggioso: opera mediante un confronto tra la propria azione e condotte moralmente peggiori, ridimensionando per contrasto la valenza immorale del proprio comportamento
  4. Dislocamento della responsabilità: la responsabilità dell’azione è attribuita ad un terzo esterno, come ad esempio un’autorità, per cui la condotta considerata scaturirebbe dai dettami della stessa oppure da esigenze di una particolare situazione
  5. Diffusione della responsabilità: può generare un senso di non imputabilità di fronte a colpe che per il fatto di essere di tutti, in definitiva non sono di nessuno
  6. Distorsione delle conseguenze: consente di ignorare o minimizzare del tutto la serietà delle conseguenze delle proprie azioni attraverso una non considerazione degli effetti di un’azione
  7. Deumanizzazione: si attribuisce alle vittime un’assenza di sentimenti umani che frena il nascere e lo svilupparsi del senso interiore d’angoscia vicaria di fronte alla loro sofferenza
  8. Attribuzione di colpa: ci si convince che l’offesa arrecata alla vittima è da lei pienamente meritata

 

La filosofia del sex offender

Questi meccanismi implicano da parte di un autore di reato, nello specifico sex offender, la manipolazione della realtà per raggiungere i propri obiettivi. Questi vertono sia sul senso di responsabilità, definibile come condivisa e dunque non imputabile al singolo che alla deumanizzazione della vittima, resa solo un oggetto privo di volontà.

I sex offender agiscono secondo una “filosofia” di pensiero che vede la donna come impossibile da conoscere ma solo da avere e il bambino come discente da educare alla sessualità. La cognizione ideologica  che hanno permette loro di agire violenza sulle vittime che essi stessi non etichettano come tali ma, piuttosto comi complici inconsapevoli. La manipolazione che sta dietro il riconoscimento della posizione di dominio che essi costruiscono fa di loro potenziali perpetratori seriali del comportamento. Infatti difficilmente si argina la recidiva in tale categoria di offender, proprio a causa della complessità della loro natura psicologica e dell’eterogeneità dei loro vissuti.

Leggi Sex offender Parte I: chi sono, cosa pensano

Riferimenti bibliografici

Gresham M. Sykes & David Matza. American Sociological Review. Vol. 22, No. 6 (Dec., 1957), pp. 664-670.

Bandura, A., Barbaranelli, C., Caprara, G. V., & Pastorelli, C. (1996). Mechanisms of moral disengagement in the exercise of moral agency. Journal of Personality and Social Psychology, 71(2), 364-374.

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.