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Eroina: un nome “significativo”

Il termine eroina deriva dal termine tedesco “heroisch”, che vuol dire “eroico”, “potente” o “valoroso”. Questa parola venne usata inizialmente per indicare gli effetti nettamente superiori di questa sostanza rispetto alla morfina, ritenuta fino a quel momento l’unico analgesico. Il “successo” dell’eroina è legato principalmente al suo nome e all’idea, appunto, di essere grandiosi e invincibili dopo il suo uso. Nel periodo di tempo intercorso fra il 1899 e il 1905 furono pubblicate quasi 200 ricerche sull’eroina e nel 1910 le sperimentazioni cliniche interessarono quasi 10.000 soggetti. La stragrande maggioranza dei lavori dette giudizi altamente positivi sul derivato della morfina e, tranne qualche eccezione, non c’erano lavori che facevano riferimenti a problemi di dipendenza dal farmaco. È opportuno precisare che il problema della dipendenza non era facilmente riscontrabile in quanto l’eroina veniva somministrata a bassissime dosi e per periodi limitati di tempo. Nel giro di poco tempo, però, il crescente uso e abuso del farmaco portò a vere e proprie forme di eroinomania, tanto da vietarne l’uso in molti Paesi a causa dell’emergenza sanitaria.

Ad oggi i tipi di eroina consumati possono essere racchiusi in quattro categorie, che differiscono per la purezza, la qualità, i processi di sintesi e l’aggiunta o meno di altre sostanze prima o dopo la produzione: l’Eroina bianca, che prevede 4 processi di sintesi, di cui l’ultimo è essenziale per trasformarla in sale e renderla più pura e maggiormente solubile in acqua; l’Eroina base, detta anche “Brown Sugar”, presenta un colore marrone ed è molto più forte dell’eroina bianca, perché non prevede dei processi di sintesi accurati. Questo tipo di eroina viene scaldata prima di essere assunta, fumandola. L’Eroina rosa è, invece, meno diffusa ed è consumata prevalentemente in Malesia e Paesi limitrofi, come anche l’Eroina Cobret, tagliata con degli additivi che permettono alla sostanza di fondere se scaldata su di un foglio di alluminio con una fiamma, vaporizzare per poi essere inalata (Durrant, Thakker, 2003).

 

Metodi di assunzione ed effetti della sostanza

I metodi per assumere l’eroina sono essenzialmente tre: inalandola, fumandola, iniettandola. Fra questi il metodo di assunzione più diffuso è l’iniezione: la sostanza viene sciolta su un cucchiaio di acqua calda, alla quale viene aggiunto un agente chimico. Una volta sciolto, il liquido viene filtrato per eliminare i residui solidi e poi iniettato in vena o intramuscolo con una siringa. L’eroina può essere anche fumata sotto forma di polvere o inalata, bruciandola su una lastra per respirarne i fumi. La convinzione erronea è che, utilizzando questi due modi di assunzione si corra meno il rischio di diventare dipendenti rispetto a quando l’eroina viene assunta per iniezione. In realtà, l’unica differenza che intercorre fra questi diversi metodi è il tempo di azione della sostanza: quando viene iniettata in vena la persona inizia a sperimentarne gli effetti dopo circa 7-8 secondi, mentre se viene iniettata intramuscolo percepirà gli effetti dopo circa 8 minuti. Invece, se inalata o fumata, l’effetto più forte si ottiene generalmente fra i 10 e i 15 minuti.

Gli effetti dell’eroina si dividono in fasi e dipendono da come questa sostanza viene assunta; esse sono:

  • Una immediata sensazione di estasi e piacere che pervade il corpo e la mente in pochi minuti. I pensieri sembrano offuscati e si percepisce un senso di calore e, contemporaneamente, una sudorazione fredda. A distanza di poco tempo possono subentrare giramenti di testa, nausea e vomito.
  • Dopo circa 20 minuti vi è una diminuzione della capacità di pensare e una perdita del senso logico nell’eloquio; si ha una alterazione del tempo e dello spazio, percepiti ridotti rispetto alla realtà.
  • Un’ora dopo l’assunzione si ha una sensazione di totale anestesia corporea e mentale. Solitamente il consumatore tende ad isolarsi per godere a pieno di questa apparente “pace”.

Se ci soffermiamo sull’assunzione per iniezione, dobbiamo menzionare il caratteristico “flash” o “rush” euforico che dura circa 30-60 secondi, dove il consumatore sperimenta un piacere simile all’orgasmo, piacere che però si rivela breve ed effimero, poiché compaio problematiche nell’eloquio, che risulta disorganizzato ed estremamente lento, un annebbiamento delle funzione mentali, sensazione di avere il corpo molto pesante, riduzione della coordinazione e della motricità, vomito, ipotermia, stipsi, miosi, apatia (Malizia, Borgo, 2006).

 

Dipendenza fisica e dipendenza psicologica

Il consumatore di eroina può sperimentare in tempi molto brevi la dipendenza fisica, dove il corpo arriva ad essere abituato agli effetti della sostanza, tanto da averne bisogno. Aumenta così la tolleranza per la sostanza, ovvero la necessità di assumere dosi sempre maggiori per ottenere l’effetto desiderato, e compare la sindrome di astinenza. La sindrome astinenziale può presentarsi anche dopo poche settimane di regolari assunzioni e inizia dopo 8-12 ore dall’ultima somministrazione. Nonostante non sia di norma pericolosa per la vita, è una condizione dolorosa e molto stressante, tale da rendere difficile per molti liberarsi dalla dipendenza. Gli effetti tipici dell’astinenza sono: dolori muscolari e spasmi, vomito, eccessiva sudorazione, insonnia, crampi allo stomaco.

In una settimana, con l’attenuarsi della maggior parte dei sintomi da astinenza, il consumatore di eroina sperimenta di solito debolezza residua e dolore emotivo caratterizzati da un senso di colpa e vergogna. I disturbi tipici sono: frequenti sbalzi di umore, irritabilità, disturbi del sonno. L’astinenza mentale o emotiva dall’eroina dura poche settimane. La sofferenza emotiva è spesso talmente importante da essere considerata la causa più comune di ricaduta (Riviello, Ralph, 2010). Il desiderio incontrollabile e costante di ricercare una nuova dose compromette inevitabilmente i legami personali, poiché ogni rapporto diventa funzionale a procurarsi denaro per acquistare altra eroina. La costante necessità di denaro, spinge, molto spesso, i dipendenti verso l’illegalità, arrivando a procurarsi i soldi attraverso prostituzione, spaccio e furti.

 

A che punto siamo con l’eroina?

Dopo una prima fase di implemento in contesti sanitari, l’eroina attorno agli anni ’80 veniva principalmente consumata da ristrette cerchie della popolazione, individuabili come dei sottogruppi distinti di tossicodipendenti che venivano emarginati e socialmente discriminati, soprattutto dopo la diffusione dell’HIV. Recentemente, si è registrato un rinnovato interesse per l’eroina, utilizzata soprattutto per contrastare gli effetti negativi provocati da altre sostanze. Quello che è opportuno sottolineare è che attualmente l’assunzione di droghe e il mondo della tossicodipendenza non è più strettamente connesso ad uno status socio-culturale determinato come negli anni passati, ma, al contrario, ogni ambiente e società risulta essere permeato da dipendenze di vario genere. È spaventoso il dato emerso dallo studio Espad del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (2017) che sottolinea il forte ritorno di eroina, in particolare fra i giovanissimi. Secondo questa indagine che ha coinvolto 30mila studenti fra i 15 e i 19 anni, sono circa 650mila i ragazzi che hanno fatto uso di sostanze, di cui 320mila hanno assunto eroina fumandola o per via iniettiva. Tra il 2006 e il 2015 la percentuale era diminuita, per poi risalire nel 2016, con circa 37mila studenti che ne hanno fatto uso, anche in maniera occasionale.

Nonostante la diffusione di nuove sostanze, la maggior parte di coloro che si rivolgono ai Servizi per le Dipendenze, è in cura per uso di eroina ed ha un’età media di 39 anni. Nei SerD, nel 2016 nel complesso gli assistiti sono stati 143.271. La maggior parte dell’utenza è di genere maschile ed ha tra i 30 e i 54 anni. Il 68,1% del totale è costituito dai consumatori di eroina, 100.448 persone in tutto. Solo dal 2015 al 2016 l’incremento nella produzione è stato del 43%. A riportare questi dati è l’Unodc, l’Ufficio dell’Onu per il controllo delle droghe. Nel 2016 sono stati osservati 266 decessi per droga, e nel 73% dei casi la droga in questione è stata l’eroina. Lo stesso dato è riportato dal Country Drug Report dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (2017), secondo cui l’eroina è la droga a più alto rischio di mortalità.

Conclusioni

Questo è ciò che racconta un eroinomane, intervistato da una rivista qualche anno fa: “Ci siamo lasciati fottere. Abbiamo pensato che era un modo diverso per dire basta, per avvicinarci a una vita migliore. Siamo stati stupidi, ingenui. Il clima s’è fatto pesante. Abbiamo iniziato a campare per il buco. Contava solo quello. Solo quello. Sono finiti i sogni, le speranze. E’ finito tutto. Ci siamo buttati tutto nelle vene. Anche la nostra vita”.  Concludendo, è spontaneo chiedersi come mai questa sostanza sia tornata in circolo e si sia imposta con così tanta forza, lasciando dietro di sé morte e disagio. È possibile che il ritorno dell’eroina sia stato alimentato da un’interruzione delle campagne di prevenzione per tale sostanza? È possibile che nei nuovi mercati delle droghe, questa sostanza abbia dei prezzi così accessibili da essere più facilmente acquistabile? È possibile che l’eroina sia tornata in auge in un’era in cui è così diffuso il poliabuso? È possibile che, non venendo più etichettata come la droga degli emarginati, sia socialmente più accettabile? È possibile che ci sia stato un cambio nella funzione dell’uso dell’eroina, passando da droga per non sentire il dolore a sostanza per non sentire le emozioni?

 

Bibliografia

Consiglio Nazionale delle Ricerche (2017). Droghe: mi faccio, ma non so di che. Pisa: Istituto di Fisiologia Clinica

Durrant R., & Thakker J. (2003). Substance use and abuse: cultural and historical perspectives. Thousand Oaks (CA): Sage

European Monitoring Centre for Drugs and Drugs Addiction (2017). Italy. Country Drug Report 2017

Malizia E., & Borgo S. (2006). Le droghe. Roma: Newton & Compton

Riviello A., & Ralph J. (2010). Manual of forensic emergency medicine: a guide for clinicians. Sudbury, Mass.: Jones and Bartlett Publishers

Uchtenhagen A.A. (2011). Heroin maintenance treatment: from idea to research to practice. Drug and Alcohol Review. 30 (2): 130–7