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Via passeggino e carrozzina… tienimi stretto!

Pratica fino a poco tempo fa sconosciuta in Italia, oggi sta diventando una tendenza sempre più in crescita tra le neo-mamme nella nostra società. Il termine “babywearing” significa propriamente indossare il bambino: si tratta del modo di portare il proprio piccolo avvolgendolo al corpo della madre grazie a supporti appositi come fasce elastiche, rigide, e addirittura marsupi. In realtà, il babywearing è sempre esistito, basti pensare alle mamme della lontana Africa che, costrette al duro lavoro anche appena partorito, hanno l’esigenza di portare i loro figli sempre con sé costringendole ad “indossare” i propri bambini con stoffe molto grosse.

La riscoperta del babywearing la si deve al Dr.Sears, pediatra statunitense il quale, scavando nella storia passata e nella preistoria, verso la metà degli anni ’80 ottiene il brevetto per l’invenzione del primo babywearing: la ring sling (fascia ad anelli). Oltre alle ricerche, egli fu spinto dall’idea geniale che ebbe sua moglie la quale, dopo aver dato vita al sestogenito della famiglia, sentiva il bisogno di fare comunque le faccende di casa e legò il bambino a sé con delle lenzuola. Egli sosteneva che la gestazione durasse 18 mesi: 9 mesi nel grembo materno e nove mesi fuori. Una volta che il feto fosse venuto al mondo, sarebbe stato compito dei genitori quello di aiutare il bambino ad adattarsi al nuovo mondo fatto di luci, suoni e colori molto diversi da quelli a cui era abituato. Il babywearing infatti, prende spunto proprio dall’habitat rassicurante e pieno di calore che il bambino sperimentava nella pancia della mamma, provando sicurezza e protezione.

John Bowlby e la teoria dell’attaccamento

Già ai primi del 900 Bowlby, psicologo ricercatore britannico, sosteneva che: “attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba” (Bolwby, 1982). John Bowlby rifiutò il modello di sviluppo di Freud secondo il quale il bambino passa dalla fase orale a quella anale per giungere a quella genitale. Egli affermò che legame madre-bambino non ha solo lo scopo secondario della nutrizione, ma sul riconoscimento delle emozioni. Lo psicologo intuì che l’attaccamento è un bisogno primario e riveste un ruolo fondamentale all’interno di una relazione tra esseri umani, dalla nascita fino alla morte. Inoltre, egli dimostrò come lo sviluppo corretto e armonioso di un bambino dipenda principalmente da un adeguato attaccamento alla figura materia o un caregiver.

Bowlby identifica 4 fasi nelle quali si sviluppa l’attaccamento:

  1. Dalla nascita alle 8/12 settimane: il bambino non riesce a discriminare le persone che lo circondano ma, attraverso la voce e l’odore, riesce a discriminare la madre.
  2. Sesto-settimo mese: il bambino è in grado di discriminare le persone con le quali entra in contatto
  3. Nono mese: l’attaccamento con la madre diventa sempre più solido e stabile, e grazie a lei riesce ad ambientarsi nell’ambiente circostante ricercando sempre protezione e consenso
  4. Il comportamento di attaccamento si mantiene stabile fino ai 3 anni di età, periodo nel quale il bambino acquisisce le caratteristiche per muoversi ed esplorare da solo ciò che lo circonda.

Non si tratta solo di bisogno di nutrizione: l’esperimento di Harlow

L’esperimento di Harlow viene condotto negli anni ’50. Egli decise di fare una ricerca sui cuccioli di macaco, una scimmia che mostra manifestazioni di attaccamento molto simili a quelle di un essere umano. In particolare, egli studiò il comportamento di alcune di queste scimmie rimaste orfane della loro madre naturale. In sostituzione della mamma reale venne data loro la possibilità di ricevere cibo e coccole da due madri surrogate e create artificialmente poiché formate da basi metalliche: una era morbida e calda rivestita di finto pelo, sulla quale il cucciolo poteva arrampicarsi e coccolarsi amorevolmente, l’altra era completamente metallica a cui era associata una tettarella del biberon.

Così facendo, lo scienziato separò i due bisogni primari di un cucciolo: affetto e nutrimento. Che cosa accadde durante l’esperimento? Lo scienziato introdusse un rumore che creò nel cucciolo una sensazione di forte paura, e questi si rifugiò non addosso alla mamma artificiale che gli procurava nutrimento, bensì addosso alla mamma rivestita di finto pelo. Il piccolo macaco passava la maggior parte del tempo accoccolato e abbracciato addosso alla mamma morbida, andando da quella metallica solo quando aveva bisogno di nutrirsi. Fu proprio grazie a quest’esperimento che venne compreso quanto il contatto fisico rappresentasse un bisogno fondamentale per lo sviluppo.

Benefici fisici e psicologici del babywearing

Come dimostrato sia da Bowlby che da Harlow, il bambino nei suoi primi mesi di vita ha bisogno del contatto con la mamma per avere protezione, sicurezza e calore. Il neonato è completamente dipendente dalla sua mamma, di conseguenza la sua continua vicinanza lo farà sentire più tranquillo perché protetto.

Il babywearing ha anche dei benefici psicologici:

  • Permette alla mamma di assecondare i bisogni primari del proprio bambino
  • Favorisce l’empatia madre-bambino, imparando così a conoscere i suoi bisogni e le sue esigenze
  • Favorisce una riduzione del pianto del bambino, poiché questi si sentirà come se fosse ancora nel grembo materno, diminuendo anche lo stress nei neo-genitori
  • Di fatto, previene la depressione post-partum: è scientificamente dimostrato che la vicinanza del bambino e la sua conseguente tranquillità stimola nella mamma la produzione di antidepressivi che favoriscono anche l’allattamento
  • Aiutano le mamme che non possono allattare ad avere comunque un contatto solido col bambino che va al di là del nutrimento
  • Il legame madre-bambino è rafforzato.

Ha anche dei benefici fisici perché, essendo molto comodo ed ergonomico, permette alla mamma di avere le mani libere e di poter svolgere numerose attività casalinghe quotidiane, dalle più leggere a quelle più complicate:

  • Permette alla mamma di uscire senza il peso ingombrante del passeggino, limitando le preoccupazioni
  • Permette anche di praticare un soft esercizio fisico come la camminata, portando il bambino con sé
  • E’ piacevole da indossare perché poco ingrombrante ma molto comodo.

Grazie al babywearing, il bambino potrà abituarsi sin da subito al viso materno, essendo sempre ad “altezza mamma”. Importante è sapere che favorisce addirittura lo sviluppo fisico soprattutto per le anche, poiché asseconda la naturale predisposizione del bambino ad essere portato. Infine, la percezione del respiro e dei battiti cardiaci della mamma tranquillizzano il piccolo, favorendone il sonno.

 

Bibliografia

Bowlby J. (1989), Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Milano: Raffaello Cortina Editore

Ammaniti M., Stern D.N.(1992), Attaccamento e psicanalisi, Bari: Laterza