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Il Miur detta le nuove linee guida per il linguaggio di genere

Il Ministero dell’Istruzione ha dato disposizioni per rivedere gli atti amministrativi con un linguaggio di genere rinnovato. Lo scopo si chiarisce con le dichiarazioni della linguista, autrice del manuale, riportate anche su repubblica.it: Il linguaggio rifletta il tramonto del modello di omologazione delle donne al paradigma maschile”. Una nuova tappa per l’affermazione della parità di genere. Ormai la donna svolge sempre di più mansioni, specialmente in ambito dirigenziale, che erano quasi esclusivo appannaggio dell’uomo. Questo comporta una revisione della lingua ufficiale, nell’ambito dei sostantivi neutri declinati al maschile, anche all’interno della scuola.

Linguaggio di genere nelle scuole

L’imperativo del manuale, che detta le nuove regole linguistiche nel vocabolario amministrativo delle scuole, è declinare le parole anche al femminile. Gli studenti diventano studenti e studentesse, gli alunni e le alunne. Il collegio dei docenti si declina in collegio docenti, così da poter includere anche le professoresse. Ispettrice, la dirigente scolastica, la capo dipartimento… si dovrà sempre specificare la sessualità del personale scolastico. Il sostantivo neutro, al maschile, non sarà più tollerato. Il Ministero dell’Istruzione ha divulgato le linee guida per l’uso di genere nel linguaggio amministrativo. La linguista Cecilia Robustelli, consulente dell’Accademia della Crusca, è l’autrice del testo, commissionato dal Miur, inviato a tutti gli istituti scolastici. Un’iniziativa mirata per fare un uso non sessista della lingua italiana.

La ministra dell’istruzione, ormai a fine incarico, Valeria Fedeli è stata una sostenitrice di punta di questa rivoluzione linguistica. Infatti, nella prefazione del manuale da lei scritto si legge: “Se non cominciamo a dire la direttrice generale o la ministra, quando è una donna a svolgere questi incarichi, sarà molto difficile superare il pregiudizio per cui si tratta di incarichi prettamente maschili”. L’obiettivo è di eliminare l’inclusivo maschile, integrandolo con il corrispondente al femminile.

L’uso consapevole di ciò che si dice

La linguista Robustelli spiega che non c’è nessuno scopo mirato a stravolgere la lingua italiana, ma è solo un invito a fare un uso più consapevole di ciò che si esprime. Questa revisione è fondamentale nei testi amministrativi, a partire dal mondo della scuola. Il linguaggio deve esprimere il tramonto dell’omologazione delle donne al paradigma maschile, aiutando il gentil sesso a sentirsi parte attiva della società e non rimorchio degli uomini. E la parola declinata in entrambi i generi è un argomento cruciale per imboccare la giusta direzione.

Sono anni che si assiste a questa rivoluzione linguistica, di cui molte donne si fanno portatrici, a volte come fosse una vera e propria crociata. Un articolo di Vanity Fair sulla questione rende molto bene l’idea. Per l’occasione è di nuovo interpellata Cecilia Robustelli, che, oltre ad essere consulente dell’Accademia della Crusca, è anche titolare di una cattedra di Linguistica Italiana all’Università di Modena, e dichiara che le declinazioni neutre al maschile delle parole sono una questione di cultura non di grammatica. Infatti, afferma: “Se dico la maestra di mio figlio perché non devo dire la ministra del mio paese?”.

Il sessismo della lingua italiana

Per alcuni mestieri il termine declinato al femminile è considerato un errore, come nel caso di ingegnere, ad esempio. Ma anche ortopedico, avvocato, chirurgo, per un totale di circa quindici termini inerenti le professioni. Il tema, però, non è recente. Alma Sabatini, saggista, linguista, insegnante e famosa attivista dei diritti femminili, aveva pubblicato un saggio nel 1987 dal titolo eloquente: “Il sessismo nella lingua italiana”, dove si trovavano le raccomandazioni per un uso non sessista della lingua ufficiale parlata in Italia. Le difficoltà maggiori si riscontrano nel mondo del lavoro, mestieri che un tempo erano quasi esclusivo appannaggio degli uomini, oggi sono praticati con successo dalle donne. Anche in campo istituzionale l’universo femminile occupa sempre di più ruoli di rilievo, ministri donne sono diventati la normalità… pardon, ministre. E anche in Italia già si ascoltano termini come Prima Ministra o Presidentessa della Repubblica.

Le parole non possono essere un limite

Molti dichiarano che certi termini al femminile siano cacofonici ma tutti i neologismi inizialmente possono “suonare male”, soprattutto per un fatto di abitudine e non può essere la risposta per ostacolare il nuovo andamento. La figura della donna è sempre più emancipata da quella dell’uomo, i nuovi termini al femminile, ufficialmente riconosciuti, valgono come certificazione dell’importante cambiamento, che in questi ultimi anni ha preso molta più velocità. I diritti delle donne sono inalienabili, rivendicare riconoscimenti in ambito lavorativo è fondamentale e nessuno contesta le motivazioni.

Tuttavia, si assiste anche a una certa ingordigia. Alcune donne assumono un piglio guerriero e tendono a svalutare la figura dell’uomo. Guidate da un giusto spirito di rivalsa, tendono a scavalcare l’uomo il quale in molti casi comincia a sentirsi smarrito. Tale smarrimento è visto come il giusto prezzo da pagare, dopo millenni di predominio maschile. Di pari passo a questa rivoluzione procede ancora una visione della donna come oggetto, non ufficialmente ovvio, ma nei fatti più che dimostrabile. È per questi motivi che sarebbe auspicabile un maggiore equilibrio sia smantellando con decisione, soprattutto nel mondo dei media, l’approccio dell’allusione sessuale per vendere un prodotto, un viaggio o un’idea sia evitando una svalutazione eccessiva del sesso forte. È in questo scenario che una lotta alle parole motivata dal sessismo risulta, a mio avviso, eccessiva e controproducente. Credetemi c’è altro da cambiare, perché quando sento parlare genericamente di alunni o di professori non ho mai pensato a classi e docenti di soli maschi. E non credo di essere l’unico.

Scritto da Davide Testa, blogger e articolista, curatore de Le Storie Più Piccole Del Mondo