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Come cambia la vita

Per il ciclo d’interviste “Come cambia la via”, abbiamo incontrato Massimo, che ci ha parlato di una parte della sua vita spesa tra tossicodipendenza e criminalità. Un’esistenza sbandata, la sua, che sembrava già scritta per eredità familiare ma che grazie alla forza di volontà, l’amore della sua donna e l’aiuto della psicoterapia è riuscito a rivoluzionare, completamente. Nato e cresciuto nella periferia Est di Roma, a pochi chilometri dal Colosseo, nel quartiere Collatino, è ultimogenito di tre fratelli. Oggi ha 48 anni, una sua famiglia… e un passato che merita di essere raccontato, tra devianza, droga, disinteresse per la propria salute, carcere e di nuovo droga… fino ad una inaspettata trasformazione.

Massimo parlaci dei tuoi genitori…

Mio padre è stato un personaggio sicuramente fuori dalle righe. Cresciuto nella periferia di Roma, è stato un criminale, dagli anni sessanta fino a dieci anni prima di morire. È morto quattro anni fa. Ha sempre fatto del crimine il suo lavoro. Mia madre, invece, è stata una casalinga, una donna semplice ed è stata sempre al suo fianco.

In che modo ti ha influenzato scoprire chi era tuo padre?

Mio padre, nato nel 1935, è cresciuto a San Lorenzo. Dopo la guerra ha vissuto nella Borgata del Collatino e all’epoca, possiamo dirlo, era un personaggio di spicco. Anche quando da borgata si è trasformata in un quartiere più tranquillo, sono state edificate anche palazzine residenziali, mio padre era conosciuto da tutti. Che cosa facesse esattamente, non te lo so dire neanche oggi. Fino a quando avevo cinque anni, spesso dormivo nel letto con i miei genitori, e in più di un’occasione ho aperto gli occhi trovando i carabinieri che portavano via papà. Un’infanzia un po’ particolare e, sotto molti aspetti sbagliata. Un bambino non dovrebbe crescere in questo tipo di esperienze. Questo mi ha segnato perché crescendo mi sono quasi sentito in diritto di seguire le orme di mio padre. E ne ho pagato le conseguenze.

Ti sei “sentito in diritto” perché anche uno dei tuoi fratelli aveva intrapreso un’esistenza criminale?

In realtà l’abbiamo intrapresa quasi insieme, lui essendo più grande di me di tre anni frequentava personaggi già avviati alla carriera criminale. Allora avevo 15 anni ma, ti ripeto, già mi sentivo in diritto di andare sopra le righe. Ragionamenti e comportamenti che ho messo in atto sempre più spesso quando sono cresciuto.

Quali sono state le tappe che ti hanno portato a condurre questa vita sregolata?

In realtà non ho fatto tutto subito. A 19 anni mi sono diplomato all’istituto odontotecnico. Subito dopo, insieme a mio fratello, abbiamo fatto i vetturini in carrozza con i cavalli al centro di Roma, le famose botticelle. Era un lavoro molto faticoso anche se faceva guadagnare tanti soldi. Da lì abbiamo cominciato ad andare fuori dai binari.

Giovane, senza responsabilità e con le tasche piene…

Già, e ho speso tanti soldi e anche nel modo sbagliato. Avevo vent’anni e per me stare fuori dalle righe mi dava la sensazione di essere migliore degli altri. Ho cominciato a fare uso di cocaina. Tutti i soldi che guadagnavo li spendevo in droga e divertimento. Ho iniziato a spacciare, prima solo tra gli amici e poi per un giro di clienti molto più grande.

Per quanto tempo hai fatto uso di cocaina?

Per quindici anni. Dai venti ai trentacinque anni ho fatto questa vita.

Ne hai fatto un uso eccessivo tanto da rischiare la vita?

Sì, un uso talmente forte che, nel 2002, non mi ero accorto di un ascesso al dente. Un normale ascesso avrebbe dovuto stabilizzarsi alla mandibola ma trovando un corpo debilitato dalla droga ha permesso all’infezione di penetrare nel mediastino causando una setticemia che poteva essere mortale. Ma non sono morto.

Non ti eri reso conto della gravità in cui versava la tua salute?

No, anche se sono andato al pronto soccorso per due volte. La prima hanno diagnosticato un ascesso al periodonto e la seconda mi hanno detto che avevo un’infiammazione alle ghiandole salivari. Non si sono resi conto che il pus aveva creato una perforazione estendendosi a tutto il mediastino. Se l’infezione arriva a toccare l’aorta sei spacciato! La terza volta, invece, sono stato portato a forza da alcuni miei amici in ospedale, i medici si sono resi conto della situazione e mi hanno messo in coma farmacologico.

Come sei riuscito a riprenderti?

Merito dell’ultimo medico che mi ha visitato e facendo cose in più rispetto a quello che gli erano dovute. Infatti, lui per me non è un dottore ma il mio angelo custode. È andato anche contro alcuni protocolli dell’ospedale. Ero ricoverato nel reparto di otorinolaringoiatria, lui mi ha fatto trasferire nel reparto di pneumologia, discutendo con i colleghi e il primario del reparto di otorinolaringoiatria. Mi ha ripreso per i capelli. Un’operazione, dove sono stato “aperto davanti e dietro” e, detto in parole povere, con un tubo che irrigava gli organi di antibiotici e un altro che drenava l’infezione. Il dottore, dopo il mio risveglio dal coma, mi ha detto: “Ti ho pulito come si pulisce il motore di una macchina”.

Una lezione però che non ti è servita, visto che hai ripreso a fare uso di droga…

Sì, sono stato buono per poco tempo, e alla prima occasione ho ripreso con la droga. Nel febbraio del 2002 sono stato ricoverato e sono uscito il 2 giugno, ma solo per qualche mese sono stato una persona normale. Una sera ho incontrato amici delle vecchie scorribande e ho ripreso a sniffare e, nel giro di poche settimane, anche a spacciare. Avevo raggiunto livelli importanti, insieme a mio fratello, tanto da finire nel mirino dai carabinieri. Nel 2004, dopo otto mesi d’indagine, sono stato arrestato e condannato al carcere.

Scritto da Davide Testa, articolista, blogger de La gomma del Ponte, curatore de Le Storie Più Piccole Del Mondo

Leggi la seconda parte dell’intervista