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“I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie” – Michel De Montaigne

I bambini giocano sin dalla nascita

Già dai primissimi giorni di vita, il neonato inizia a dimostrare all’ambiente circostante la sua esistenza giocando. Gioca con i piedini, con i capelli della mamma, con i sonagli della culla, e scopre piano piano il suo corpo. Molto spesso i bambini appena nati comprendono il meccanismo del gioco osservando il momento dei propri piedini distesi verso l’alto, per poi seguirli con lo sguardo ed afferrarli. Il gioco, infatti, è prettamente funzionale e direttamente proporzionale allo sviluppo sensoriale e motorio del piccolo poiché lo aiuta a far emergere le proprie capacità fisiche e motorie non ancora sviluppate. Esso ha un ruolo fondamentale nell’aiutare i bambini a mantenersi sempre attivi e reattivi, influenzando anche abilità come creatività, consapevolezza, problem solving e apprendimento.

Secondo Maria Montessori, educatrice nota per il metodo educativo che prende il suo nome, il gioco è importante perché:

  • È volontario, propositivo e spontaneo
  • Viene stimolata la creatività attraverso capacità di problem solving, competenze linguistiche e abilità fisiche
  • Aiuta la formazione di nuove idee
  • Aiuta l’adattamento sociale del bambino
  • Aiuta a contrastare eventuali problemi emotivi

Tutto ciò sembra perduto nelle moderne scuole pubbliche. L’unico luogo in cui il gioco sembra avere ancora la sua fondamentale importanza è negli asili, nelle materne esso è completamente scomparso e sostituito con attività disciplinari come la ginnastica e l’educazione fisica. Il gioco è divenuto strutturato da regole precise da seguire, non più un’espressione libera della creatività. Ciò era proprio quello che la Montessori voleva contrastare: l’educatrice sosteneva che i bambini dovevano essere lasciati liberi di esprimere al meglio le loro capacità senza alcuna restrizione. Liberi, senza vincoli. E’ esattamente il concetto di libertà che oggi è stato totalmente distorto; per bambini essere liberi non significa fare ciò che si vuole, ma è la possibilità di fare ciò che hanno deciso di fare. Questa è una distinzione molto importante che permette al bambino di ritagliarsi il suo angolino di individualità senza alcun tipo di divieto da parte di qualcuno.

L’esperienza di gioco aiuta ad avere maggiore fiducia nelle proprie capacità, poiché il bambino inizia a prendere coscienza del fatto che possiede delle abilità e delle caratteristiche che lo rendono unico nel suo ambiente circostante. Soprattutto, è il principale luogo di socializzazione tra genitori e figli: quando un genitore gioca con il proprio figlio permettendogli di decidere quale attività fare, egli si mette al suo stesso livello di comunicazione, e la qualità della loro relazione migliora notevolmente. Il ruolo più importante del genitore in questo contesto è quello di stare accanto al proprio bambino, cercare di assecondarlo e non condizionarlo a fare la cosa giusta o sbagliata. Sarà lui nel corso de tempo a comprendere quali attività possono essere prese in considerazione e quali no. Ciò che conta è la qualità della relazione e del momento che si trascorre insieme.

 

Le tappe del gioco nei bambini secondo Jean Piaget

Piaget dedicò parte della sua vita a studiare il comportamento dei bambini e dei neonati. Egli elaborò una teoria che si basava su quattro stadi che il bambino attraversa sin dalla nascita: senso-motorio, pre-operatorio, operatorio concreto, operatorio formale.

  1. Senso motorio da 0 a 2 anni: secondo Piaget il bambino in questa fase è egocentrico e conosce il mondo attraverso processi come assimilazione e accomodamento, adattando i propri schemi cognitivi alla nuova esperienza. A 6 mesi riesce a spostare piccoli oggetti, striscia e gattona. A 12 mesi inizia a camminare. Egli suddivide lo stadio senso-motorio in ulteriori 6 sottostadi, essendo questo il momento fondamentale ricco di stimoli:
  • Riflessi innati (nascita a 1 mese): il bambino aspetta che qualcuno soddisfi i propri bisogni e piange per ottenere qualcosa
  • Reazioni circolari primarie ( 2-4 mesi): il bambino mostra interesse per gli oggetti e attraverso la bocca iniziano a conoscere il mondo.
  • Reazioni circolari secondarie (4-8 mesi): il bambino inizia ad afferrare cose ripetendo l’azione che fa.
  • Coordinazione mezzi-fini (8-12 mesi): il bambino inizia a percepire che se un oggetto è nascosto rimane lì anche se lui non lo vede più. Egli prova piacere a giocare con qualcun altro, specialmente con la mamma.
  • Reazioni circolari terziarie (12-18 mesi): il bambino inizia a risolvere i problemi grazie a tentativi ed errori, allontanandosi dalla madre ed esplorando l’ambiente.
  • Comparsa della funzione simbolica (18 mesi in poi): il bambino mostra il concetto di “imitazione”, vede un comportamento e lo riproduce a distanza di tempo.
  1. Pre-operatorio (2-6 anni): il bambino ha acquistato il concetto di simbolo. In questo stadio, infatti, principale è la decontestualizzazione; vengono sostituiti gli oggetti per rappresentarne altri. Pullulante in questo stadio è l’egocentrismo intellettuale, il bambino rappresenta le cose dal proprio punto di vista non riuscendo ad immedesimarsi negli altri.
  2. Operatorio-concreto (6-11 anni): il bambino esegue operazioni logiche e risolve problemi. Egli ora è in grado non solo di utilizzare i simboli a disposizione, ma anche di manipolarli secondo le sue volontà. Conquista ciò che prende il nome di pensiero reversibile, ossia la capacità di pensare due cose alla volta, acquisisce nozioni logiche, spaziali e temporali.
  3. Operatorio-formale: acquisisce il pensiero ipotetico-deduttivo, ipotizzando nella sua mente gli oggetti e ricavandone le possibili conseguenze sul piano logico.

Il gioco – forse quello più importante – che possiamo vedere da un bambino è quello di finzione. Il gioco di finzione permette ai bambini di elaborare emozioni e vissuti che normalmente non si riesce ad esternare, è un’attività che non va assolutamente ostacolata, ma anzi, assecondata. Attraverso una rappresentazione, i bambini mettono in atto ciò che hanno vissuto, trattando eventi spiacevoli e piacevoli e sviluppando doti empatiche e di immedesimazione con l’altro. Il gioco di finzione molto spesso viene fatto da soli, quando i bambini non si trovano in compagnia, anche se può capitare che il bambino chieda l’aiuto dei propri genitori per recitare al meglio il proprio gioco. Col passare del tempo le attività ludiche prendono un’altra forma, mutano e si adattano all’età e allo sviluppo intellettivo del bambino, anche se il gioco rimane una tappa fondamentale per l’uomo. Un’ambiente sereno e la costante attenzione da parte della famiglia, permetteranno al futuro adulto di avere tutte le capacità necessarie per raggiungere al meglio le tappe di un corretto sviluppo.

 

Riferimenti bibliografici

Piaget, J., Inhelder, B. (2001). La psicologia del bambino. TO: Einaudi

Montessori, M. (1999). La scoperta del bambino. MI: Feltrinelli