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Che cos’è il bullismo e come si realizza

Il bullismo è stato definito da Olweus (1991) come un fenomeno caratterizzato da azioni aggressive volte a danneggiare un compagno. La vittima di tale fenomeno è una persona esposta ripetutamente ad umiliazioni ed azioni negative, come minacce o gesti violenti. Solitamente chi viene preso di mira si sente responsabile di quanto subisce e presenta, conseguentemente, una scarsa stima di sé (Mariani, Torregiani & Amoroso, 2018). Il bullismo presenta tre aspetti fondamentali: l’intenzionalità dell’atto, in quanto il comportamento aggressivo nei confronti della vittima è premeditato; la ripetitività dei comportamenti aggressivi nel corso del tempo; l’asimmetria relazionale tra bullo e vittima, ovvero una notevole diseguaglianza di potere (Capuano, 2018). I fenomeni di bullismo possono verificarsi in diversi contesti sociali, ma la scuola resta il luogo ove esso si esplica più frequentemente. Nonostante ciò, l’avvento delle tecnologie ha fatto sì che il fenomeno si espandesse vertiginosamente dando luogo al bullismo elettronico, anche detto cyber-bullismo.

Quest’ultimo è caratterizzato da aggressioni verbali o minacce avanzate in rete per mezzo di un dispositivo elettronico (Mariani, Torregiani & Amoroso, 2018). Quando si parla di bullismo, è fondamentale tenere in considerazione il contesto socio-culturale in cui l’adolescente è inserito. Viviamo in una società in cui vige la legge del più forte, che tollera sempre di più la prevaricazione e la violenza e che esalta l’autoritarismo (Gatti, Lerda & Rando, 2013). In tale ambito risulta altresì fondamentale prendere in considerazione il ruolo dei genitori, la capacità di questi ultimi di regolare le emozioni del proprio figlio ed il sistema affettivo-relazionale instaurato in famiglia. Infine, un ulteriore aspetto da considerare è rappresentato dall’impatto che il bullismo ha sullo sviluppo cerebrale dell’individuo e dal contributo offerto dalle neuroscienze relativamente a tale fenomeno.

 

Aspetti caratteristici del bullo e della vittima

Il bullo presenta una propensione alla violenza in generale, mette in atto ripetute minacce e intimidazioni, ricorre alla violenza fisica ed assume un atteggiamento da leader. È stato possibile individuare, attraverso numerosi studi, tre categorie di bulli: il bullo aggressivo, il bullo ansioso ed il bullo passivo. Il bullo aggressivo è invaso da forti sentimenti di rabbia ed è dunque alla costante ricerca di un capro espiatorio su cui sfogarla. È caratterizzato da impulsività, non curanza delle conseguenze dei suoi comportamenti e da un notevole bisogno di dominare gli altri. Il bullo ansioso, come il bullo aggressivo, mette in atto aggressioni fisiche e verbali, ma è particolarmente vulnerabile ai rimproveri e all’intervento degli adulti, elementi questi in grado di far emergere i suoi forti sentimenti di colpa. Infine, il bullo passivo è colui che si occupa di supportare e rinforzare le azioni del bullo aggressivo, permettendo a quest’ultimo di sentirsi ancora più grande e potente. Per quanto riguarda la vittima, invece, è possibile riconoscere dei segnali che possono portare i genitori a capire quanto sta accadendo al proprio figlio. Generalmente la vittima è una persona sola, emarginata, non trascorre del tempo con i coetanei nemmeno al di fuori del contesto scolastico. Spesso presenta sul corpo segni evidenti di ciò che subisce, è terrorizzata all’idea di tornare a scuola, soffre spesso di emicrania e mal di stomaco.

Appare inoltre infelice, priva di interesse verso attività scolastiche e ludiche, sperimenta repentini cambiamenti di umore, caratterizzati spesso da esplosioni di rabbia. Attraverso diversi studi effettuati è stato possibile effettuare una distinzione tra la vittima passiva e la vittima provocatrice. La prima è di solito una persona ansiosa ed insicura, tende a valutare negativamente la propria persona, si sente sopraffatta da tutto ciò che è costretta a subire, e questo fa emergere in lei un forte bisogno di protezione. Al contrario, la vittima provocatrice è alla costante ricerca di approvazione, tende a farsi notare e ad attirare l’attenzione degli altri, scatenando così l’ira del bullo che, sentendosi minacciato, sottopone la vittima a pesanti umiliazioni (Mameli, 2008). È necessario sottolineare come la vittima che viene sottoposta a continue vessazioni, prevaricazioni, minacce e violenze può arrivare a sperimentare il cosiddetto “dolore sociale”, che racchiude “i sentimenti di dolore che seguono le esperienze di rifiuto da parte dei coetanei, di ostracismo o di perdita (Vaillancourt et al., 2013).

 

Il ruolo della famiglia: complicità diretta o indiretta?

Le prime esperienze relazionali con le figure genitoriali sono fondamentali per lo sviluppo affettivo del bambino e per l’acquisizione della capacità di autoregolazione. Nel momento in cui tali esperienze relazionali risultano inadeguate e, quindi, fallimentari, è possibile che il bambino costruisca un’idea di sé stesso che lo porta a ritenersi non competente sul piano relazionale (Tronick & Gianino, 1986). Tutto ciò può condurre il bambino a sperimentare forti sentimenti di rabbia e tristezza e può incrementare il rischio di esiti psicopatologici (Tambelli, Speranza, Trentini & Odorisio, 2010). Accade frequentemente che il fenomeno del bullismo venga sottovalutato o, peggio, ignorato.

Molti genitori, infatti, tendono a giustificare i propri figli sostenendo che si tratta di situazioni legate all’età che sapranno certamente risolvere in autonomia. Una credenza di questo tipo non solo può far sì che un figlio si senta legittimato a non abbandonare un determinato tipo di condotta, ma lancia anche un messaggio sbagliato, cioè che la violenza ed i comportamenti aggressivi fanno parte del normale percorso evolutivo dell’individuo. Un atteggiamento simile permette ai genitori di costruirsi una sorta di alibi che gli consente di evitare di fare i conti con il loro fallimento educativo (Capuano, 2018).

 

Le conseguenze del bullismo sullo sviluppo del cervello

Il bullismo, oltre ad avere delle notevoli conseguenze dal punto di vista emotivo e psicologico, può influenzare negativamente lo sviluppo e la maturazione del cervello, producendo effetti duraturi sulle funzioni cerebrali. L’essere sottoposti ad atti di bullismo incrementa il rischio di sviluppare problematiche neuropsicologiche che possono manifestarsi anche a distanza di anni nell’età adulta. Per questo motivo risulta molto importante mettere a punto dei programmi di sostegno e riabilitazione al fine di ripristinare il normale sviluppo cerebrale (Mariani, Torregiani & Amoroso, 2018). Attraverso tecniche di neuroimaging, come la risonanza magnetica funzionale, è possibile osservare quali aree del cervello vengono attivate in risposta ad eventi emozionali.

Dunque, alla base del malfunzionamento di alcune strutture cerebrali possono esserci non soltanto problemi di natura organica, ma anche situazioni di stress emotivo. Quest’ ultimo è associato ad elevati livelli di cortisolo, i quali possono danneggiare le aree del cervello deputate alla regolazione del tono dell’umore e degli stati emozionali, incrementando così la possibilità di essere coinvolti in comportamenti disfunzionali (Portale, 2016). Non bisogna dunque trascurare l’impatto che il bullismo ha sull’individuo anche a livello neuropsicologico e non soltanto emotivo; per questo motivo è auspicabile incrementare le ricerche in tale ambito al fine di rendere il fenomeno sempre più riconoscibile ed organizzare dei programmi di supporto di cui possano beneficiare sia il bullo che la vittima, favorendo così il recupero di un equilibrio neuropsicologico (Mariani, Torregiani & Amoroso, 2018).

 

Scritto con la gentile collaborazione di Veronica Volpe, Dott.ssa in Psicologia Clinica e della Salute

 

Riferimenti bibliografici

Mariani, A.M., Torregiani, G., & Amoroso, C. (2018). Il bullismo, valutazioni neuropsicologiche per la tutela giuridica della vittima. Formazione & Insegnamento, XVI.

Capuano, R. G. (2018). Gli equivoci e le giustificazioni morali del bullismo.

Gatti, A., Lerda, S., & Rando, L. (2013). Giovani contro: I rapporti asimmetrici del bullismo e cyberbullismo. Attualità dell’interpretazione adleriana. Riv. Psicol. Indiv, 73, 51-96.

Mameli, C. (2008). Bullismo: Relazioni interpersonali e affettività. Rapporti ISTISAN 08/1.

Tambelli, R., Speranza, A.M., Trentini, C., & Odorisio, F. (2010). La regolazione affettiva in diadi madre-bambino a rischio. Psicologia clinica dello sviluppo, 3.

Portale, A. (2016). All’origine del bullismo. Sessione di Psicologia Educativa.