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Attualità

Parlami di te: una nonna si racconta a sua nipote | Parte I

Storia di una nonna

Per il ciclo di interviste proposte da Psicotypo ho deciso di intervistare una persona per me molto importante: mia nonna. Ha deciso di prendere parte a questa iniziativa e lasciarsi intervistare da me aprendosi completamente. Insieme, abbiamo fatto un viaggio nella sua vita, scoprendo allo stesso tempo come era il mondo di ieri, e cosa è cambiato oggi. E’ stata un’intervista molto profonda e significativa perché, insieme a tante risate, riesce a dare un punto di vista critico circa la società attuale, analizzando le sue diverse sfaccettature: come era considerata la donna negli anni ‘50/60, quale era il rapporto uomo-donna, in che modo si dimostrava l’amore… Basta parlare DEI nonni, adesso è il momento di parlare CON i nonni. E’ un’esperienza unica ed irripetibile.

Descriviti con una parola e dimmi perché la scegli

Sincera. Ho sempre sentito, oppure probabilmente mio padre me l’ha insegnato, di dire sempre la verità, nuda o cruda che sia, rispettando comunque i sentimenti degli altri, non avendo mai secondi fini o scopi di qualche tipo. Sceglierei anche la parola “rispettosa” perché, fin da piccola, mio padre mi diceva sempre: “Quando incontri una suora o un prete, inchinati sempre!”.

Nonna, parlami un po’ della tua vita: dove sei nata? Che tipo di famiglia eravate?

Sono nata nel 1941 a Roma, abitavo a Corso Vittorio, praticamente al centro. Eravamo 5 figli, 4 femmine e 1 maschio, di madre sarta e padre operaio. Dico “eravamo” perché, purtroppo, anni fa persi mia sorella maggiore, con cui ero molto legata poiché avevamo molte cose in comune. Tra di noi, più o meno, non c’era rivalità. Eravamo praticamente quasi tutti coetanei dato che l’uno con l’altro ci passiamo pochi mesi di differenza. Dormivamo tutti in un grande letto che noi chiamavamo “lettone”. Riguardo ciò, voglio raccontare un aneddoto particolare: ogni sera, prima di andare a dormire, mettevo sempre una molletta al naso perché avevo il pallino di avere un naso grosso. Oggi invece, voi giovani ricorrete subito alla chirurgia estetica! La sera era il mio momento preferito perché ci trovavamo tutti i fratelli vicini, dato che durante la giornata ognuno di noi doveva svolgere diverse faccende di casa che nostra madre ci assegnava.

Come passavi le giornate? Che cosa si faceva all’epoca?

Quando ero bambina andavo a giocare al portico dove si trovavano le suore. Dopo aver giocato andavamo tutte al catechismo e ci insegnavano il significato della religione. Molto spesso il pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, mia madre ci dava il permesso di andare a giocare con le nostre amichette del vicinato. Una volta giocato, andavamo di nuovo in chiesa perché ognuna di noi, almeno una volta a settimana, doveva imparare a suonare l’organo. Ai tempi non c’erano strumenti tecnologici, di conseguenza dovevamo alimentare l’organo con una corda che, attraverso la pressione, poi emetteva il suono… una fatica! La sera dopo la funzione, noi sorelle partecipavamo al coro: io ero il mezzo-soprano, mia sorella maggiore soprano, e le altre due erano le coriste.

Fino a quanti anni sei andata a scuola? Poi cosa hai fatto?

Ho frequentato la scuola fino al secondo superiore, ma poi ho lasciato poiché non ero molto invogliata a studiare. Preferivo di più i lavori tecnici, quelli manuali! Successivamente ho scelto di iscrivermi in una scuola Colomba Antonietti di avviamento al lavoro. Frequentando quella scuola ho imparato a ricamare e da lì ho poco ho deciso di iniziare a seguire una vera e propria scuola di restauro presso la Città del Vaticano. Sono diventata così una restauratrice di arazzi e tappeti. Ho iniziato a lavorare come tale presso il Segretariato Generale Presidenza della Repubblica presso il Quirinale fino al raggiungimento della pensione, a 50 anni. Allora si andava in pensione presto, a differenza di oggi!

Come ci si rapportava col sesso maschile una volta?

Con il sesso maschile ci si relazionava pochissimo, a dire il vero poco e niente. Eravamo timidi, non ci si frequentava molto. L’unico contatto che c’era tra sesso femminile e maschile era tramite sguardi, soprattutto imbarazzanti e velati! Le comitive erano soltanto o di sole donne, o di soli uomini. Purtroppo, i nostri genitori ci imponevano questo. Allo stesso modo, eravamo un po’ monelle. Le marachelle non mancavano. Ora te ne racconto una: i pomeriggi di domenica andavamo a ballare in casa di qualche amica. Uno di noi portava il mangianastri, un altro portava le cassette di Peppino di Capri. Così, con il nostro maschietto preferito ci si scambiava qualche parole e, perché no, anche un piccolo ballo. Eravamo soliti fare il ballo del mattone di Rita Pavone: era un ballo tipico che si svolgeva interamente su una mattonella. Era un ballo lento praticato nello stesso posto.

… e come si corteggiava una donna?

Questa è la domanda più bella! Io devo dire di aver avuto un corteggiamento SUPERLATIVO ASSOLUTO!! Fiori ben due volte alla settimana, il martedì ed il sabato, lettere tutti i giorni che trovavo dentro la “cassetta”. Ogni volta che arriva il martedì ed il sabato tremavo dall’ansia: non sapevo chi ci fosse dietro a tutto questo, non conoscendo questo fantomatico spasimante che mi riempiva di attenzioni. Lui era solito firmarsi A.P. Mia madre, in tutto questo, mi incolpava perché le mie sorelle non ricevevano le stesse attenzioni da parte di un uomo ed io venivo accusata di essere la più discola della famiglia. Alla fine, scoprii chi fosse questo A.P.: si chiama Antonio P. e, oggi, è mio marito da ben 54 anni. Mi conobbe perché io tutte le mattine passavo di fronte alla sua Norcineria; conoscevo le sue sorelle perché andavamo a scuola insieme ed ero sua cliente fissa. Lui, grazie a sua sorella maggiore, venne a conoscenza di dove vivevo e iniziò così a corteggiarmi.

Nonna, a questo punto devi raccontarmi del tuo rapporto con nonno…

Con mio nonno, o tuo nonno? (Ride, ndr.) Mio nonno non l’ho conosciuto, del tuo posso dire che i nostri rapporti sono sempre stati leali. Ognuno di noi, all’interno della nostra famiglia, aveva un ruolo: io – nonostante il lavoro – avevo il compito di accudire la casa mentre lui aveva in mano tutta la gestione amministrativa e della contabilità. Raramente abbiamo avuto scontri, io mi sono sempre affidata alle sue capacità e così siamo arrivati al 54esimo anniversario di matrimonio… un bel traguardo sia per noi che per i figli! Insieme abbiamo coltivato tante passioni, tra cui quella del ballo: abbiamo fatto tante gare standard e latino-americane, vincendo addirittura il Campionato Regionale Italiano. Concludo dicendo che tuo nonno è, ed è sempre stato, il mio punto di riferimento.

Allora dimmi, nonna: facendo un resoconto della tua storia d’amore, secondo te, cosa è cambiato tra l’amore di una volta e quello attuale?

Per come la penso io posso dirti che c’è amore e amore. Se mi chiedi dell’amore che come unico fine ha il rapporto sessuale posso dirti che tra ieri ed oggi c’è una grande differenza; oggi il corpo viene strumentalizzato, prima era considerato sacro e veniva “concesso” a pochi, solitamente all’unico uomo che poi sarebbe stato il compagno di una vita. Amore ed affetto per me vanno di pari passo. Quello di una volta era profondo e ricco di desiderio. Ovviamente ci tengo a precisare che questo è il mio punto di vista, di una donna che si innamorò tanti tanti anni fa. Oggi non posso quantificare il vostro amore rispetto a quello di una volta, però, vedendo i presupposti, penso che voi giovani d’oggi siete troppo leggeri e volubili. Non faccio di tutta un’erba un fascio, ma la differenza si vede.

Da “giovane d’oggi” quale sono, posso solo che darti ragione, cara nonna. Torniamo un po’ all’argomento “donna”: quale era il lavoro più diffuso per le donne di una volta?

Il lavoro più diffuso di una donna, forse, era la sarta. Mia madre lo era. Non voglio assolutamente sminuire questo lavoro ma posso dire che non mi piaceva per niente misurare e attaccare spille agli altri. Avrei voluto fare il medico, ma purtroppo le nostre possibilità finanziarie non lo permettevano. Anche la figura della parrucchiera era molto diffusa come lavoro: all’epoca andavano di moda i capelli sempre tirati con la piega e cotonati al massimo, di conseguenza c’era molta disponibilità lavorativa in questo campo per noi donne.

E secondo te nonna all’epoca una donna-medico sarebbe stata accettata? A proposito: cosa era vietato ad una donna? Avevamo gli stessi diritti di oggi?

Nooo! Per carità! Io sono del ’41, e posso dirti che alla mia epoca le donne erano molto sottomesse. Ci era assolutamente proibito di uscire e di frequentare il sesso maschile, non potevamo uscire troppo con le nostre amiche, non ci si truccava e non potevamo neanche concederci la libertà di fumare una sigaretta. Mia madre vietava tutto questo a me e alle mie sorelle: diceva che eravamo troppo belle per comportarci come “le altre”. Era molto vanitosa… ma le ho sempre concesso di farlo.

(Fine prima parte)