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I miei amici di strada

Possiamo chiamarli clochard, barboni, homeless, senzatetto, ciascuno con la propria storia, così lontani dal nostro mondo eppure così vicini. Sono quelli che, “ancorati alla concretezza e pieni di speranza, ci danno cultura fresca e chiavi interpretative per cogliere la realtà”. Sono quelli che hanno il potere di non condannarci all’immobilismo ma di metterci le ali ai piedi. “Dalle pieghe della disperazione può nascere una speranza ostinata, gridata, netta, senza orpelli inutili né compromessi”. Ecco cosa possiamo imparare dai poveri! La mia esperienza di volontariato mi ha fatto aprire quel sipario di indifferenza dietro il quale spesso ci proteggiamo per evitare la solitudine e la fatica di un coccio d’umanità. Persone che quotidianamente lottano per conquistare un posto al coperto e un pasto caldo. Scegliere di non vederle rende solo più impauriti e impotenti. L’aumento della fragilità sociale dovuto alla crescente incertezza economica si riflette in una solidarietà rivolta solo ai propri simili e ai cosiddetti diversi, magari proprio coloro che hanno più bisogno di aiuto, viene rigettata. L’instabilità rispetto alla propria condizione non ha generato una crescita della capacità di condivisione, ma ha innescato un ripiegamento della domanda di ordine e sicurezza contro i nemici del nostro benessere.

Come già Hegel aveva ipotizzato, la povertà è una forma di riconoscimento inadeguato: la mancanza di beni in una società basata sulla proprietà fa sì che il povero possa sentirsi escluso ed evitato, finanche disprezzato.“La povertà conduce alla mancanza di riconoscimento da parte degli altri e priva chi è povero del rispetto – scrive Costas Douzinas, Direttore del Birkbeck Institute for the Humanities a Birkbeck (Università di Londra). Poveri e senza dimora sono tornati a essere visti come una minaccia, qualcosa di cui aver paura, essi ci fanno vedere quello che un giorno potremmo diventare: dei reietti, dei miserabili, degli esclusi, ricordandoci con la loro presenza la nostra vulnerabilità. La partecipazione rinsalda i legami sociali, arricchisce la nostra conoscenza del mondo, elicita il feedback degli altri, consentendoci in qualche modo di vedere e conoscere meglio parti di noi stessi. Un momento di condivisione può essere la premessa per costruire le condizioni di un convivio, di uno spazio mentale per pensare l’incontro con l’altro. Solo fra individui che vivono senza paura può esserci una piena condivisione. Quando non c’è paura c’è amore, e quando c’è amore c’è piena condivisione senza alcun pregiudizio e condizionamento. Non dobbiamo avere paura di avere coraggio! Aiutare ci rende felici, orgogliosi… forse un pò speciali. E se la gioia è un bene transitorio e davvero può essere perduta con facilità, sicuramente è un’esperienza che, una volta provata, non può essere cancellata.

Saper Ascoltare, saper amare

Ascoltare è un momento del processo della comunicazione ed è uno degli aspetti fondamentali della dimensione relazionale. E’ un’azione intellettuale ed emotiva che coinvolge la capacità di comprendere a pieno ciò che l’altro vuole significare con le parole e con il corpo. Saper ascoltare significa cogliere, al di là di ciò che l’interlocutore comunica in modo diretto, eventuali bisogni e disagi non espressi apertamente. La disponibilità all’ascolto è l’elemento essenziale che rende possibile un vero incontro interpersonale. La capacità di ascoltare attentamente l’altro permette di costruire legami significativi, aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi. Si tratta di un’abilità sociale che favorisce la creazione di un clima di rispetto, di fiducia e di comprensione tra gli individui. L’amore è un atteggiamento verso la vita, amare è un dono che riceviamo dalla vita. L’amore è aprirsi al mondo, è risvegliare emozioni, è percepire con maggiore sensibilità. E’quel sentiero che ci arricchisce mentre lo percorriamo e ci illumina sempre sul modo migliore di arrivare. Dare, aiutare, condividere, per una persona che ama se stessa, non è una fatica, perché l’amore è dentro di lei e la rende capace di amare senza forzature né limiti, ma in totale libertà. Volersi bene vuol dire avere una buona autostima e fiducia nelle proprie capacità. Uno dei cambiamenti più importanti che si possono fare per vivere un’esistenza migliore, più felice, è imparare ad amare la vita.

La cultura della convivialità

La nostra società consumistica, cannibalesca, divora e digerisce tutto, anche le nostre emozioni e indignazioni. Una società sempre più allo sfascio, povera di valori, eticamente vuota. La paura si radica dentro noi, ci incattivisce, ci rende indifferenti. La sfida è lottare contro la paura, aprire nuovi orizzonti, saper ridare futuro anche a chi è prigioniero del suo passato, riscoprire la vita lasciandoci affascinare dal gratuito. Nella cultura della convivialità ciascuno “porta a casa” qualcosa di diverso e personale e tutti hanno la consapevolezza di ricevere qualcosa dall’esperienza che fanno che consolida la motivazione a continuare ad essere volontari nel tempo. Non si tratta semplicemente di rispettare e tollerare la diversità, si tratta anzitutto di ascoltarla, di renderla risorsa riportando al centro della nostra comunità civile la realtà della povertà, renderla davvero condivisibile, ridare valore alla soggettività della persona che esige e richiede cura, comprendere il valore dello “stare in mezzo” per guardare la storia dalla parte delle vittime. Stare nel mezzo, anche se si ha la sensazione di essere in un inferno, ma sempre avendo nel cuore il paradiso.

Oggi più che mai, in questo momento di crisi si ha bisogno di significati veri e di valori alti: la cultura della partecipazione contro l’ignoranza e la noncuranza; la gratuità come risposta al dubbio e all’angoscia dell’uomo moderno. Un grazie di cuore a tutte le meravigliose persone che, nel silenzio e nell’anonimato senza cercare riconoscimenti, dedicano parte del loro tempo con passione, grande sensibilità umana e notevole professionalità al volontariato.

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Scritto da Giovanni Schiattarella, Dr. In Scienze e Tecniche Psicologiche per l’Analisi dei Processi Psichici nello Sviluppo e nella Salute

 

Riferimenti bibliografici

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (2006), Lineamenti di filosofia del diritto, Bompiani.

Don Virginio Colmegna, Ora et labora la chiesa che vivo ed. Chiarelettere