Skip to main content

Feticismo come condizione umana

Nel linguaggio comune spesso si parla di feticismo e di parafilia come di un unico fenomeno. I due termini sono ritenuti interscambiabili o semplici sinonimi.  Ma è davvero così? O è possibile operare una differenziazione dei due termini ? In origine, il termine feticismo (dal portoghese ” feitiço ” = “artificiale”, poi “sortilegio”) indicava una pratica religiosa consistente nell’adorare un oggetto di culto, propria delle regioni africane e centro-americane. Il feticismo per lungo tempo è stato considerato una perversione malsana e come tale condannata dalla società. Nell’Inghilterra vittoriana, ad esempio, era invalsa la pratica di coprire le gambe dei tavoli in quanto, ricordando le gambe delle donne, potevano essere fonte di eccitazione negli uomini. Nella visione di Marx e di Freud, il feticcio è qualcosa che si adora, ma non si dovrebbe, l’attrazione eccessiva per la materia inanimata.

Nella teoria del feticismo delle merci Marx sottolinea il primato dei rapporti materiali, pratici, utilitaristici sui valori spirituali, morali e tradizionali. Il feticismo degli oggetti dovuto al capitalismo in cui il prodotto domina l’uomo e i rapporti sociali appaiano semplici rapporti fra cose, autonome rispetto a chi le ha prodotte. Se il feticismo è diverso geograficamente e storicamente, certo è passato indenne attraverso i secoli e in un’epoca tecnologicamente e scientificamente avanzata come la nostra che dovrebbe esserne la negazione, ha conservato il suo spazio. Questo perché in fondo il feticismo è una condizione della specie umana che forse rende anche la società più desiderabile. È la relazione che gli uomini e le donne hanno con gli oggetti per le emozioni, i ricordi, il gusto, il piacere, i sogni, i sensi, in una parola la soggettività che essi richiamano e costruiscono e nel nostro paesaggio consumistico lo sguardo feticistico diventa la quinta essenza del contemporaneo.

Quando il feticismo diventa devianza

Con l’evolversi degli studi sulla sessualità il termine feticismo è stato adottato per individuare il comportamento sessuale di quelle persone che provano un desiderio sessuale per un oggetto, una parte del corpo o una situazione particolare. Questa diversa percezione del fenomeno, già su un piano non propriamente scientifico, porta a considerare il feticismo stesso come un insieme di fenomeni che hanno diverse incidenze sulla capacità sessuale del soggetto e che non necessariamente e non sempre hanno carattere patologico. Sotto questo aspetto i due termini, feticismo e parafilia, non si equivalgono e debbono essere tenuti ben distinti l’uno dall’altro. Il feticismo, infatti, non sempre ha carattere patologico, mentre la parafilia comporta sempre l’individuazione di una patologia afferente la sfera sessuale dell’individuo.

Inoltre, come ulteriore differenziazione, tra feticismo e parafilia sussiste un rapporto di genere e specie, di contenuto e di contenitore. Il feticismo, laddove assuma caratteri patologici, costituisce una species, un tipo, del genus parafilia. Vediamo bene perché. Lo stesso Freud sembra introdurre una distinzione tra feticismo e parafilia, laddove afferma che “un certo grado di feticismo è di regola proprio dell’amore normale, in special modo in quegli stadi di innamoramento nei quali la meta sessuale normale appare irraggiungibile, oppure sembra negato il suo adempimento. (…) Il caso patologico subentra solo quando il desiderio del feticcio si fissa al di là di questa condizione e si sostituisce alla meta normale, inoltre quando il feticcio distaccato dalla persona diventa unico oggetto sessuale” (1927). Secondo il DSM-5, Si parla di disturbo parafilico quando una parafilia, nel momento presente, causa disagio o compromissione nell’individuo o quando la sua soddisfazione ha arrecato, o rischiato di arrecare danno a se stessi o agli altri.

Supervalutazione psicologica dell’oggetto sessuale

Si evidenzia pertanto l’importanza delle diverse gradazioni del feticismo. Nelle sue forme più semplici il feticismo rappresenta il criterio di scelta del partner, esso rientra nell’ambito del normale procedimento di attrazione ed innamoramento e non rappresenta, quindi, una situazione patologica o di parafilia. In questo primo stadio, l’oggetto è criterio di scelta del partner ma non ha poi nessuna influenza sulla sfera sessuale individuale e sul normale rapporto di coppia. In altri casi, ove il feticismo assurge ad un grado di intensità maggiore ed ove più intensa è l’influenza sul comportamento sessuale, la presenza dell’oggetto di culto o meglio dell’oggetto di eccitazione sessuale diventa essenziale ma non sostituisce l’altra persona. In questi casi, appare difficile parlare di parafilia, avendo a che fare piuttosto con una derivazione patologica del feticismo o una situazione di devianza sessuale non accumunabile alla parafilia vera e propria. Nel tempo vari criteri sono stati prodotti per stabilire cosa sia da considerare normale e cosa non lo sia. Ci viene in aiuto la psicanalisi. Quando Freud sostiene che il bambino è un perverso polimorfo vede nella sua mentei germi di tutte le perversioni future dell’adulto: esibizionismo, voyeurismo,feticismo,sadomasochismo, frotteurismo. Germi che, se non ci sono problemi nello sviluppo, si integreranno, in base alle proprie peculiarità nella sessualità adulta senza produrre vere e proprie perversioni: “il feticismo lecito dell’innamoramento”.

Perché allora il feticismo può diventare disturbo parafilico?  Seguendo l’ipotesi di Freud, i bambini particolarmente sensibili alle angosce di castrazione sono più a rischio di sviluppare forme di difese alle angosce legate alla crescita di tipo feticistico. Non a caso le perversioni fanno la loro comparsa nel periodo adolescenziale. Il concetto di difesa dalle angosce è ripreso da Winnicott che vede il feticismo come una degenerazione dell’oggetto transizionale. Quest’ultimo è l’oggetto che aiuta il bambino a sopportare la paura della perdita e dell’allontanamento dalla madre, è l’oggetto rassicurante che gli permette di acquisire autonomia. Nel caso di esperienze di perdita o di separazione vissute come “insopportabili” scatta il meccanismo della negazione che predispone allo sviluppo di forme feticistiche. L’oggetto transizionale diventa il feticcio necessario a negare queste esperienze.

Idolatria nella quotidianità

La psicanalisi dunque e Freud in particolare, ci ricordano che la matrice di tutte le stranezze è in ognuno di noi ed è palese che certi aspetti ad esse connessi possono ritrovarsi nelle fantasie e nel comportamento di tutti noi. Come negare che il gusto per la trasgressione, l’artificio, l’eccentrico, l’eccesso, nella nostra società è dominante?  Non sono forse feticci quelli che ci offrono ogni giorno pubblicità, moda, cinema? E se ci soffermiamo un attimo a riflettere constatiamo che in fondo siamo un pò tutti feticisti, idolatri di falsi oggetti “incantati”. E che il feticismo proprio in quanto prodotto del confrontarsi con un problema” inaffrontabile”, costruzione mentale che aiuta a contenere le tensioni, al di là di tutte le sue connotazione negative, potrebbe avere anche una sua positività. Altro è un contegno perverso che mette sempre in atto una trama rigida e stereotipata stabilita nell’infanzia, che si ripete all’incirca sempre uguale a se stessa, caratterizzata da urgenza, coattività e ineludibilità e tutto questo può portare a stati di infelicità, di colpae di depressione.

Nell’approccio terapeutico sarà fondamentale discriminare le problematiche narcisistiche, ossessive e feticistiche. Di queste ultime distinguere non solo gli aspetti normali ed ordinari, non rappresentanti in alcun modo una patologia, ma anche, ove il comportamento dell’individuo risulti essere rivelatore di una patologia sessuale, riconoscere chiaramente quali siano i desideri feticistici della persona, indagare su quali possibili processi mentali abbiano portato al loro sviluppo patologico, distinguere i diversi stadi di evoluzione dal feticismo alla parafilia vera e propria.

Scritto da Giovanni Schiattarella, Dr. In Scienze e Tecniche Psicologiche per l’Analisi dei Processi Psichici nello Sviluppo e nella Salute.

 

Riferimenti bibliografici

S.Freud, Feticismo 1927 in Opere, vol X. Bollati Boringhieri, pp. 487-97

Karl Marx, Il Capitale. Editore: UTET – Anno edizione: 2017

Alfred Binet, Il feticismo in amore. Curatore: P. Savoia Editore – Anno edizione: 2011

American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione DSM-5, Ed. Raffaello Cortina