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Quando le parole si bloccano in gola

Ci sono bambini che, all’improvviso, smettono di parlare in presenza di altre persone, a scuola, in famiglia, e persino con il gruppo dei pari. Di punto in bianco, descrivono il loro mondo non più con le parole, ma attraverso il linguaggio del corpo. Bambini come questi sono affetti da un disturbo chiamato mutismo selettivo: tale disturbo fu studiato da uno psicofisiologo tedesco di nome Adolf Kussmaul, che lo definì come “afasia volontaria”. Poco dopo, grazie a Tramer M., fu coniato il nome di mutismo selettivo per descrivere quei bambini che parlavano solo con una cerchia ristretta di persone, per la maggior parte familiari. Il mutismo selettivo non è un disturbo da sottovalutare poiché, se non trattato o minimizzato, può portare a futuri problemi di relazione con gli altri, sia in ambito scolastico sia sociale.

Epidemologia e decorso

Il mutismo selettivo compare tra il primo ed il terzo anno di età, anche se viene definito problematico solo dopo i 5 anni, dopo che il bambino inizia a frequentare la scuola, periodo in cui il linguaggio verbale ha pieno sviluppo grazie all’interazione con il gruppo dei pari e con gli insegnanti. Molto spesso, i genitori di questi bambini descrivono i loro figli in età prescolare come soggetti molto ansiosi con difficoltà di separazione dalla famiglia. Infatti, il MS non viene mai diagnosticato prima perché questi comportamenti vengono considerati “tipici” di un bambino che sta crescendo e che è semplicemente molto timido. La credenza più comune è che, una volta cresciuto, questo modo di rapportarsi sparirà completamente.

Una volta che il bambino entra a far parte del mondo della scuola, i disagi del mutismo selettivo iniziano ad essere più evidenti: difficoltà di apprendimento, poca integrazione, disparità col mondo dei pari, approccio minimo con gli insegnanti. Il MS sembra essere un disturbo raro che si manifesta maggiormente nelle bambine rispetto che ai bambini, anche se, purtroppo, non ci sono dati sufficienti relativi a studi fatti su campioni nazionali e internazionali sufficienti per dimostrare quanta incidenza questo disturbo possa avere.

Secondo il DSM-IV, i criteri per valutare un bambino con mutismo selettivo sono:

  1. Il bambino non parla in determinati luoghi, come la scuola o altre situazioni sociali.
  2. Il bambino parla normalmente nelle situazioni in cui si trova a suo agio, come nella propria casa. Sebbene alcuni bambini possano essere muti in casa.
  3. L’incapacità del bambino di parlare interferisce con la sua capacità di “funzionare” nel contesto scolastico e/o nelle situazioni sociali
  4. Il mutismo dura almeno un mese
  5. Non sono presenti disturbi della comunicazione (come la balbuzie) e altri disturbi mentali (autismo, schizofrenia, ritardo mentale).

Paura di parlare

Come sopracitato, i bambini con MS sono in grado di parlare fluentemente in famiglia e nelle situazioni che lo fanno sentire a proprio agio. E’ fuori dalle mura domestiche che il problema si presenta: al parco, con bambini che non conoscono, a scuola, con insegnanti e alunni, a casa di altre persone. Si tratta di un blocco emotivo dovuto da un forte stato ansioso che assale il bambino senza che sia accaduto alcun evento traumatico passato.

Per ovviare a questo blocco, i bambini inventano un nuovo modo di parlare, che non deve essere per forza quello verbale: passano dal linguaggio del corpo attraverso i gesti al linguaggio scritto, su un foglio o su un cellulare. Così facendo, trovano il loro modo di approcciarsi al mondo esterno senza sbilanciarsi mai troppo. Questo dimostra comunque il loro desiderio di intrattenere una comunicazione, nonostante le parole non riescano proprio ad uscire. E’ il loro modo di sperimentare al minimo situazioni di disagio.

Gli adulti, come risposta, non devono mettere in atto comportamenti autoritari: non si può e non si deve vietare al bambino l’uso dei gesti, o forzarlo all’uso delle parole. Tutto ciò rischia di peggiorare la situazione, portando il piccolo a chiudersi ancora di più in se stesso. Il trattamento del mutismo selettivo deve essere finalizzato a migliorare lo stato emotivo del bambino riducendo l’ansia e aumentando l’autostima, aiutandolo a sentirsi a proprio agio anche al di fuori delle mura domestiche. I genitori e la scuola possono fare molto per sostenere i bambini con mutismo selettivo.

Consigli per gli insegnanti…

I bambini con mutismo selettivo sono molto sensibili alle percezioni sensoriali esterne come rumori, urli, toni della voce molto alti. Per questo, se in classe sentono un insegnante alzare la voce verso il gruppo degli alunni, si chiedono se la colpa è la loro, azionando un meccanismo di autocolpevolezza che li porta a rifugiarsi nel loro mondo. Inoltre, sono bambini molto pignoli e perfezionisti, spesso abitudinari: le novità ed il cambiamento destabilizzano il loro stato d’animo provocando un forte stato d’ansia. E’ proprio per questo che i cambiamenti importanti, come l’ingresso in una scuola, devono procedere per step e devono essere graduali.

A loro modo, gli insegnanti devono seguire alcune linee guida molto importanti:

  • Il primo passo è quello di alleviare l’ansia in classe, creando un clima sereno e disteso in cui il bambino riesca a sentirsi a proprio agio il più possibile;
  • Non mettere sotto pressione il bambino proponendogli patti o promesse perché parli: importante e fondamentale è rispettare i suoi tempi
  • Concedere inizialmente di utilizzare il linguaggio non verbale: bisogna creare delle aspettative e fissare degli obiettivi. Il mutismo selettivo non passerà in maniera repentina ma serviranno piccoli passi
  • Fare attenzione alle etichette: il bambino non deve assolutamente essere indicato come “muto” o come “il bambino che non parla”. In accordo col bambino bisognerebbe spiegare alla classe che tutti noi abbiamo delle paure – che prima o poi supereremo – e che il compagno sa parlare ma molto spesso la paura non riesce a far uscire le parole dalla bocca. Potrebbe essere un’occasione in cui anche il resto della classe può parlare delle proprie parole.
  • Tenere presente che se il bambino parla una volta, non è detto poi che lo faccia sempre: se ha parlato significa che l’argomento interessato ha suscitato in lui interesse. Di conseguenza, questa esperienza deve essere considerata come un’occasione per trattare in futuro lo stesso argomento.

… e per i genitori

Per un genitore è sempre più complicato avere un occhio critico per rendersi conto che nel figlio c’è qualcosa che non va. Il mutismo selettivo, poi, è complicato da diagnosticare in famiglia perché il bambino, in casa, ha una dialettica pulita e fluente. Molto spesso sono gli insegnanti a far presente questo tipo di problema; quando ci si confronta per la prima volta è come se si parlasse di due bambini differenti, uno timido che non parla, l’altro che si comporta come se fosse tutto normale.

Quando ci si rende conto che si è di fronte ad un vero e proprio mutismo selettivo, i genitori si colpevolizzano: “E’ colpa mia”, “non siamo stati buoni genitori perché non ci siamo accorti di nulla”, “è per il mio carattere se lui/lei adesso è così!”. Queste sono le frasi che si sentono la maggior parte delle volte. Inoltre, può accadere anche che un genitore rifiuti la diagnosi, non accetta l’idea di un blocco verbale involontario e solleciti il bambino fino allo sfinimento a parlare, a dire anche una minima parola.

Il primo passo verso un percorso sereno all’insegna della risoluzione del problema è quello di ridurre i sensi di colpa nei genitori: in una situazione come questa, la mamma ed il papà devono essere uniti e collaborativi nel prendere le decisioni insieme e accompagnare il bambino in questo lungo percorso.

Ecco alcuni consigli pratici:

  1. Armarsi di pazienza: mai perdere la calma – soprattutto davanti al bambino – se vostro figlio non se la sente di parlare.
  2. Se vi chiedono: “ma non parla?” voi rispondete: “certo che parla, sa parlare benissimo, solo che a volte le parole rimangono bloccate e non riescono ad uscire!”
  3. Evitare l’isolamento: quando si inizia un percorso come questo, bisogna circondarsi di persone – amici e familiari – che possano essere un punto di sopporto sia per voi genitori che per il bambino, il quale si renderà conto di non essere da solo in questo viaggio.

Al mutismo selettivo non esiste una cura in particolare. Tuttavia, un lavoro cooperativo tra famiglia, scuola e terapeuta permette al bambino e futuro adolescente di emergere gradualmente dal suo stato d’ansia e di trovarsi a suo agio nei contesti in cui si troverà e nelle varie situazioni che sperimenterà.

 

Riferimenti bibliografici

Shipon Blum E. (2010), Comprendere il mutismo selettivo, La Meridiana: Molfetta

Stasolla F., Fascione M.S. (2013), Il mutismo selettivo, Libellula: Tricase

Marschall V. (2014), La sfida di Riccardo, A.G Edition: Montigny-lès-Metz